Studi legali, serve trasparenza

Studi legali alla sfida della trasparenza. A pretendere dagli avvocati maggiore chiarezza sui costi derivanti dall’assistenza per operazioni o contenziosi sono gli uffici legali di imprese e banche.

Sì, perché la tariffa, insieme alla specializzazione maturata nello specifico ramo, è spesso l’ago della bilancia nella scelta dello studio. È il quadro che emerge dal sondaggio effettuato da Le Fonti Legal, su cui troverete un ampio servizio all’interno di questo numero, che ha coinvolto oltre 50 general counsel di aziende multinazionali e del mondo finanziario, i quali hanno di fatto dato le “pagelle” agli studi legali. Aprendo il cosiddetto “vaso di Pandora”. Il problema della trasparenza non riguarda infatti solo le tariffe, coinvolge anche i numeri e l’andamento dello studio: non sussiste alcun obbligo di redazione di bilanci, né di un loro deposito al registro delle imprese, motivo per cui le stime sui fatturati delle law firm sono frutto di “auto-dichiarazioni”, senza alcuna possibilità di verifica.

Se quindi da un lato sono diversi ormai gli studi legali che puntano ad avvicinarsi al “modello impresa” per governance e organizzazione delle risorse interne, dall’altro spesso scelgono la “campana di vetro” nella comunicazione verso l’esterno. Non fornendo informazioni-chiave per verificare l’andamento dello studio sul mercato, come la suddivisione del business per settore, che darebbe un’idea più precisa sul grado di specializzazione maturato, come detto tra le caratteristiche più ricercate dal cliente. Motivo per cui, oltre ai classici beauty contest, in caso di operazione straordinaria, lo studio viene ancora scelto attraverso il passaparola o per il rapporto fiduciario maturato. Il tutto mentre nei paesi anglosassoni le gare di affidamento dei servizi legali sono sempre più gestite con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale: il computer sceglie la firm sulla base di specifici algoritmi, dove la parcella ha un peso essenziale.

Anche in Italia, con i dovuti ritardi, la strada dell’informatizzazione è ormai tracciata: si stanno moltiplicando i software che assistono gli studi professionali sia nella gestione interna delle risorse e del lavoro di studio, sia nella compilazione del preventivo, effettuata sulla base di una serie di parametri, tra cui le operazioni analoghe seguite in precedenza, il tempo dedicato, il numero di professionisti coinvolti e così via. Ecco perché oggi gli studi legali si trovano a un vero e proprio bivio: aprire le porte dello studio per affrontare le sfide imposte dal mercato e dalle nuove tecnologie, o restare sotto la “campana di vetro” offerta dall’ordinamento forense. Da affrontare, una rivoluzione in corso nella domanda di servizi legali, sempre più focalizzata sulla specializzazione, che sta premiando le cosiddette “boutique” e le grandi firm “full service”. A pagare dazio, gli studi “a metà strada”. E quelli che non sapranno affrontare la sfida della trasparenza.

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