Riformare il Codice Appalti? Ce lo chiede l’Europa

Andrea Stefanelli, co-fondatore e co-titolare di Stefanelli & Stefanelli Studio Legale, parla dell’esigenza di riformare il Codice degli Appalti e del ruolo dello Studio nel settore amministrativo.

Secondo voi da cosa nasce l’esigenza di riformare la normativa?
Ce lo chiede l’Europa. La normativa sugli appalti o, più correttamente, sui contratti pubblici, risulta di derivazione comunitaria nel senso che, fin dal 1970, il Legislatore UE si è occupato prima del settore dei lavori, poi di quello dei beni e dei servizi, in quanto il coordinamento ed allineamento delle normative degli Stati membri in materia d’appalti rappresentava un volano per la crescita economica dell’Eurozona, nel rispetto del principio di concorrenza in ambito pubblico.
Da allora quindi e, dall’anno 2000, con decorrenza fissa ogni 10 anni, il Parlamento Europeo si è impegnato ad assumere delle direttive miranti a regolare il settore degli acquisti pubblici, fissando disposizioni precise e condivise da tutti gli Stati membri per consentire, agli operatori economici comunitari, di partecipare a gare in tutta Europa nel rispetto delle medesime regole d’ingaggio. Così nel 2004, e poi nel 2014, sono state emanate diverse direttive comunitarie che, nel nostro Paese, venivano recepite prima nel D.Lgs.163/2006 e poi nel D.Lgs.50/2016; ciò di conseguenza significa che, nell’anno 2024, verranno alla luce nuove direttive in materia d’appalti pubblici, che il Legislatore italiano sarà costretto a recepire nell’ordinamento interno.
Se dunque siamo oramai (2024) in prossimità della pubblicazione delle direttive di 5° generazione, per quale motivo il governo italiano è stato impegnato, proprio in questi giorni, nell’approvazione di un nuovo Codice degli appalti? La risposta la si trova nel progetto di PNRR proposto dalla stessa Italia all’UE e che prevede, per ottenere i 221 miliardi stanziati dal Next Generation EU, l’obbligo di riforme “orizzontali” (riforma della P.A., riforma della giustizia) nonché “abilitanti” (promozione della concorrenza e riforma degli appalti pubblici).
Non solo, l’impegno dell’Italia era d’assumere dette riforme entro fine 2022 ed, effettivamente, l’unica che ancora mancava era quella sui contratti pubblici; da qui la corsa contro il tempo per giungere all’approvazione entro il termine e poter così ottenere l’ulteriore tranche di finanziamenti dall’Europa.

Che tipo di consulenza svolgete in ambito amministrativo?
Lo studio è diviso in tre macrosettori, Contratti pubblici, Sanità e Privacy, all’interno dei quali vi sono a loro volta delle ‘divisioni’ oltre ad avere, tutti e 3 i settori, un dipartimento che si occupa del contenzioso (amministrativo, ma anche civile).
La consulenza che si offre, nello specifico in materia di appalti, è relativa alla partecipazione alle pubbliche gare, con ciò ricomprendendo anche la consulenza per la redazione di contratti di a.t.i. e d’avvalimento, oltre alla verifica e controllo di tutta la documentazione amministrativa ai fini partecipativi. Lo Studio è poi in grado d’offrire consulenza in materia di concessioni nonché di tutte quelle tipologie contrattuali che ricadono sotto la denominazione di “Partenariato pubblico privato”; non da ultimo, infine, vi è una divisione che si occupa di tutti i profili civilistici attinenti alla fase esecutiva dei contratti pubblici, dalle problematiche lavoristiche (negli appalti di servizi) al tema, oggi di grande attualità, della revisione-prezzi ecc.
In ambito sanitario siamo invece molto attivi nella consulenza in progetti innovativi in sanità, per i quali svolgiamo in una prima fase una consulenza strategica in relazione al nuovo mercato che si sta aprendo (anche collegato alle iniziative del PNRR ed in collaborazione con PA) e, successivamente, affrontando tutte le problematiche di natura giuridica, dalle autorizzazioni, all’utilizzo dei software, alla protezione dei dati.

Come il PNRR ha modificato l’approccio delle Pubbliche Amministrazioni alle modalità d’esperimento delle procedure di gara e come invece ha modificato l’atteggiamento degli operatori economici?
Come noto la legge 29/7/2021 (nota anche come 2° decreto Semplificazioni) ha introdotto importanti novità alle normative vigenti, anche in materia di appalti pubblici; lo scopo di detta disciplina infatti, nonché di quelle successive (adottate sulla scia) era d’accelerare i processi decisionali nonché i procedimenti amministrativi per consentire allo Stato-apparato il rispetto dei tempi – molto “contingentati” – entro cui investire e spendere i soldi del PNRR.
Occorre infatti registrare un “cambio di strategia”, dal Legislatore via via fino alle Pubbliche Amministrazioni, che deriva dal ribaltamento conseguente all’arrivo dei fondi del PNRR; mentre negli ultimi 10 anni le PP.AA. sono state costrette ad una politica di contenimento dei costi pubblici che, dalla spending review fino ai giorni nostri, ha visto come obiettivo primario di ogni buyer pubblico quello di risparmiare, con la previsione di stanziamento di oltre 220 miliardi di euro del PNRR, da dover tuttavia allocare entro il 2026, alle Pubbliche amministrazioni è stato improvvisamente chiesto – dopo oltre 10 anni di austerity – una capacità di visione strategica e di pianificazione degli investimenti, di cui le PP.AA. sono del tutto prive.

Lo studio ha uno specifico settore di attività e, in tal caso, quali sono le più rilevanti novità in detto settore per quanto concerne gli approvvigionamenti pubblici?
Come detto lo Studio ha una divisione che si occupa di contratti pubblici, offrendo consulenza sia in fase stragiudiziale che giudiziale amministrativa, oltre all’assistenza per la stesura ed applicazione di contratti civilistici (ati, avvalimento, subappalto, collaborazione coordinata e continuativa ecc.).
La grande novità introdotta dal PNRR è tuttavia rappresentata dalla “riattivazione” di un istituto già presente nel Codice appalti ma finora poco utilizzato, ovvero il PPP (Partenariato Pubblico Privato) e, in particolare, quello ad iniziativa privata, relativamente al quale lo Studio è in grado d’offrire un’alta consulenza sia nella fase di predisposizione della proposta da inoltrare alla PA. che nella successiva interlocuzione con la medesima nonché nella fase di gara che ne scaturisce.

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