La partita (da giocare) della nuova crisi di impresa

C’è una grande sfida che attende i professionisti nei prossimi mesi. Che sono precisamente quelli che ci separano dall’entrata in vigore definitiva, il 15 agosto 2020, del nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza.

Una riforma epocale, quella contenuta nel decreto legislativo n. 14/2019, che di fatto rivede la vecchia legge fallimentare del 1942 e punta a far emergere in modo tempestivo la situazione di difficoltà dell’azienda, in modo da accelerare un possibile intervento risolutivo prima dell’effettivo stato di crisi. Una partita, quella della nuova crisi di impresa, che vede i professionisti in primo piano: il Consiglio nazionale dei commercialisti ha appena messo a punto la bozza con i sette indici di allerta per l’emersione della crisi, da aggiornare ogni tre anni.

Gli avvocati, invece, stanno facendo quadrato per proporre una serie di modifiche al nuovo codice da inserire in corsa. Come avevamo evidenziato nel numero di aprile di Le Fonti Legal, che ha dedicato la storia di copertina alla nuova normativa, questa riforma non convince gli avvocati. Tanto che, per la prima volta, ben 22 studi legali d’affari internazionali e italiani con una elevata expertise nel restructuring, hanno costituito ad agosto scorso un tavolo di lavoro congiunto evidenziando diverse aree di intervento. In particolare, secondo gli avvocati, le nuove norme alimenterebbero gli elementi di incertezza per gli investitori italiani ed esteri che decidono di mettere risorse nell’azienda sull’orlo del fallimento.

Il primo disincentivo è legato all’incertezza del diritto: i tribunali specializzati sono previsti solo per le imprese “di rilevante dimensione”, per le piccole e medie resta competente il tribunale più vicino alla sede principale dell’azienda. Con il rischio, però, che il giudice non abbia le competenze adeguate per affrontare un procedimento di regolazione della crisi. In ogni caso, mancherebbe la garanzia di uniformità di giudizio necessaria per pianificare qualsiasi tipo di investimento. Altro punto decisivo, per gli avvocati, è la possibilità di revocare la prededuzione del finanziamento, nel momento in cui un soggetto interessato dimostra che, in caso di omissione di informazioni rilevante da parte del debitore, anche il finanziatore ne era a conoscenza. Questa previsione, però, lascerebbe troppo spazio alla libera interpretazione del giudice di merito, che può decidere di bloccare l’agevolazione in modo insindacabile.

Non basta. Gli avvocati vorrebbero dare più importanza all’istituto del concordato preventivo, che la riforma confina in un ruolo marginale, favorendo le procedure di liquidazione giudiziale. In campo, per le modifiche al dettato normativo, anche i commercialisti e le imprese, che hanno trasmesso al ministero della giustizia, tramite il Consiglio nazionale e Confindustria, una serie di proposte. Tra queste, la proroga delle segnalazioni di allerta agli organismi di composizione della crisi per le imprese di dimensioni più piccole, al di sotto della soglia media europea. La richiesta di rinvio è al 2021.

La partita del nuovo codice, insomma, è ancora tutta da giocare.

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