M&A, operazioni in stand by

Dopo un 2018 a doppia velocità per le fusioni e acquisizioni, il 2019 si gioca sul filo dell’incertezza, in attesa dell’esito delle prossime partite a livello internazionale. In cima al ranking Le Fonti Legal: BonelliErede, Gop e Chiomenti.

C’è grande attesa per il settore dell’m&a. Dopo un 2018 in chiaro-scuro, con i primi sei mesi dell’anno caratterizzati da un’accelerata che non si vedeva da tempo nello sviluppo di operazioni di fusione e acquisizione, e la seconda metà dell’anno con il freno a mano tirato per via dello scenario politico e macro economico, il 2019 si gioca sul filo dell’incertezza. Secondo gli operatori, infatti, gli investimenti sono congelati in attesa di capire l’esito delle partite più importanti che si giocano a livello internazionale: le scelte politiche dell’amministrazione americana, in particolare per quanto riguarda gli sviluppi del rapporto con la Cina, la Brexit e le prossime elezioni europee. È l’outlook che gli avvocati degli studi legali d’affari che hanno seguito le maggiori operazioni del 2018 in ambito m&a, prevedono per i prossimi mesi. A seguire le maggiori operazioni del 2018, secondo il ranking Le Fonti Legal, sono stati, in particolare, BonelliErede, con un giro d’affari pari a quasi 60 miliardi di euro per operazioni dichiarate, Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners, con oltre 30 miliardi di euro, Chiomenti, e Freshfields, dentro alcuni dei maggiori deal del 2018. In particolare, BonelliErede e Gop sono stati gli studi protagonisti dell’offerta pubblica di acquisto o scambio volontaria, da parte del consorzio Atlantia-Acs-Hochtief, sulla totalità delle azioni emesse di Abertis Infraestructuras, deal da 18 miliardi di euro. Gop, inoltre, ha seguito ArcelorMittal nell’acquisizione dei complessi aziendali del gruppo Ilva, per un controvalore pari a cinque miliardi di euro. Freshfields, invece, ha prestato assistenza a CK Hutchison nell’acquisizione da Veon della quota detenuta in Wind Tre, per un controvalore pari a 2,45 miliardi. Chiomenti è tra gli studi che ha seguito la cessione della maggioranza del capitale sociale di Gianni Versace.

BonelliErede ha seguito oltre 40 operazioni nel 2018 e, secondo Umberto Nicodano, «nella seconda parte del 2018 ha sicuramente pesato sul mercato, non solo italiano, un forte clima di incertezza conseguente alla volatilità dei mercati finanziari internazionali, largamente motivato dal rallentamento nelle aspettative di crescita dell’economia e dalle tensioni fra Usa e Cina e Usa ed Europa innescate dalle politiche dell’amministrazione americana. Oltre a questi fattori, sul mercato italiano hanno influito negativamente le incertezze circa le linee di azione del nuovo governo. Come conseguenza, la seconda parte dell’anno ha visto una significativa contrazione del numero di operazioni. In termini di volumi l’anno ha registrato operazioni completate per un controvalore di circa 91,4 miliardi di euro, il doppio di quanto registrato nell’anno precedente. Il dato tuttavia è fortemente influenzato dall’incidenza di due grandi operazioni, peraltro già annunciate nel 2017, Luxottica – Essilor ed Atlantia, Acs ed Hochtief». Riguardo l’outlook per il 2019, secondo Nicodano «lo scenario è molto incerto pur in presenza di una grande liquidità. Una maggiore visibilità sulle strategie dell’amministrazione americana e un punto fermo sulla vicenda Brexit potrebbero favorire un maggiore appetito di acquirenti industriali per aziende di medie dimensioni. È probabile che gli sponsor finanziari specie internazionali optino per una strategia attendista sugli investimenti nel paese, specie se le aspettative di prezzo dei venditori non si allineassero al ribasso. In generale, fino a quando permarranno fattori di incertezza globale, le grandi operazioni soffriranno di grande volatilità e comunque richiederanno molto tempo per essere completate». «Le decisioni del governo», continua Nicodano, «peseranno in modo molto rilevante sulle scelte degli investitori: ad esempio, la possibile chiusura domenicale dei centri commerciali impatterebbe pesantemente un settore che è stato molto vivace negli anni passati. In assenza di fattori esogeni negativi, tra i settori “classici” del Made in Italy permane un forte interesse per le aziende industriali che possiedano la doppia qualità di lavorare in mercati di nicchia o specializzati, con una forte componente di fatturato al di fuori dell’Italia e per le aziende della moda. Sotto altro profilo, il settore bancario, come noto, potrebbe essere interessato da una forte spinta aggregativa. Alcuni segnali si stanno già ampiamente vedendo. Permane l’interesse degli investitori per il settore infrastrutturale, anche qui al netto di possibili interventi governativi».

Secondo Francesco Gianni di Gop, «il 2018 è stato anche l’anno della ripresa dell’m&a delle grandi società non necessariamente in situazioni distressed: più operazioni tra pari e più disponibilità a investire risorse da parte degli acquirenti, che si stava anche traducendo in un allentamento generale della pressione sui prezzi. Nella seconda parte dell’anno siamo entrati certamente in una fase attendista legata a un clima di incertezza politica. Da parte degli investitori, soprattutto esteri, c’è stata una frenata degli investimenti e più di una operazione è stata sospesa». «È difficile fare delle previsioni in un momento di mercato caratterizzato da grandi incertezze geopolitiche (si pensi in Europa alla brexit e all’attesa per le prossime elezioni europee)», continua Gianni, «ma anche dalla presenza di una significativa liquidità inutilizzata. I fondi di private equity, che hanno in questo momento grandissime disponibilità finanziarie da investire, potrebbero rendersi i veri protagonisti di una campagna acquisti approfittando peraltro delle ridotte valutazioni di mercato». «Il nostro auspicio», conclude Gianni, «è che nel settore industriale possa continuare la tendenza alla creazione di campioni europei (si pensi alla fusione Atlantia e Abertis) e in generale alle operazioni di integrazione capaci di creare valore e sinergie».

Chiomenti, nel 2018, ha seguito 135 operazioni. Secondo Massimiliano Nitti, «se restringiamo il campo alle operazioni che hanno interessato l’Italia, in realtà, rileviamo una sostanziale equivalenza di operazioni tra il primo e il secondo semestre. Nel nostro caso specifico, addirittura, abbiamo assistito a un trend completamente inverso: su 135 operazioni m&a seguite da Chiomenti nel 2018, 54 si sono chiuse nel primo semestre, e ben 81, quindi circa il 50% in più, nella seconda metà dell’anno. In particolare, nella seconda metà dell’anno abbiamo seguito operazioni come quella relativa a EI Towers e quella relativa alla cessione della maggioranza del capitale sociale di Gianni Versace. In generale il 2018 ci ha visto impegnati in operazioni che hanno coperto tutti i principali settori, dal TMT, ai servizi bancari e finanziari, al mondo del food, del real estate e del pharma». «Alla luce delle incertezze politico-economiche all’orizzonte», continua Nitti, «tra cui Brexit, è molto difficile fare delle previsioni per il 2019, perché bisognerà vedere se prevarrà un atteggiamento degli investitori in senso attendista o speculativo. Personalmente rimango ottimista per il settore legale e nello specifico per l’m&a italiano, atteso che il mondo del public equity offre interessanti target a sconto e che il mondo del private equity continua ad offrire molte opportunità. Mi pare ragionevole prevedere che ci saranno nuove operazioni rilevanti nel settore del food e del lusso, nonché nel mondo bancario e finanziario. Tanto è vero che già nei primi due mesi del 2019 come studio siamo stati impegnati in diverse operazioni in ambito bancario, mentre abbiamo da poco concluso l’operazione che ha visto QuattroR SGR finalizzare l’acquisizione della maggioranza di Trussardi. Questa operazione, così come quella Versace, conferma sia l’interesse degli investitori industriali e finanziari nel settore del lusso, sia la presenza di Chiomenti nei deal più significativi».

Secondo Giovanni Gazzaniga di Allen&Overy, «il rallentamento in ambito m&a registrato nella seconda metà del 2018 è, per quanto riguarda l’Italia, ascrivibile con tutta probabilità all’incertezza scaturita dai risultati delle elezioni politiche nel nostro paese. Ciò posto, già a partire dagli ultimi mesi del 2018 vi è stata una ripresa significativa del numero delle operazioni. Più in generale, la principale tendenza che abbiamo rilevato nel settore dell’M&A nel corso del 2018 è la crescita della taglia media delle operazioni, a dimostrazione di un consolidamento in atto tra i big del mercato in diversi ambiti del business. Secondo l’analisi che abbiamo realizzato in collaborazione con Refinitiv, nel 2018 a livello mondiale, le operazioni sopra i 10 miliardi di dollari sono infatti cresciute del 120% in confronto al 2017, raggiungendo il secondo livello più elevato degli ultimi 15 anni». A parere di Paolo Nastasi, «nel 2019 lo scenario resta positivo, anche se questa prima parte dell’anno potrebbe vedere dei rallentamenti a causa di una serie di incognite geopolitiche, dalla Brexit all’esito della trade war tra Stati Uniti e Cina. Nel secondo semestre invece il quadro dovrebbe essere più chiaro e a quel punto ci attendiamo un’accelerazione delle operazioni. Da monitorare con attenzione anche la situazione delle sanzioni nei confronti della Russia: un’azienda italiana partecipata da azionisti soggetti a sanzioni, potrebbe essa stessa rischiare sanzioni. Un altro tema che potrebbe complicare la chiusura dei deal è legato ai multipli, poiché le aspettative dei venditori sul valore delle loro imprese restano elevate a fronte di uno scenario macro che suggerisce maggiore prudenza del passato». Riguardo i settori che avranno maggiore peso sull’m&a nel 2019, a parere di Gazzaniga, «il mercato, a livello globale, è in fermento, da parte delle aziende e ancora di più dei fondi di private equity l’appetito non manca, semmai ci sono modalità differenti, nuovi skills e una diversità di target; inoltre le operazioni sono diventate più sofisticate. Per quanto riguarda la tipologia di aziende in target, ci attendiamo soprattutto operazioni nel mid-market, vale a dire tra 50 e 150 milioni di enterprise value, senza particolari prevalenze tra i settori tipici della nostra economia. In questo senso l’Italia è un unicum; esistono aziende, ad esempio nei settori del food&beverage, della moda-design, della meccanica e dell’innovazione che hanno valori interessanti per un fondo: non sono quotate e sono a gestione familiare».

Latham&Watkins ha chiuso 16 operazioni nel 2018, protagonista, tra le altre, nel passaggio di Ntv a Global Infrastructure partners. Giovanni B. Sandicchi afferma che, «a livello di studio, non abbiamo percepito troppo questa doppia velocità, dato che lo studio è stato coinvolto in diverse operazioni anche nella seconda parte dell’anno. Ciò detto, credo che il rallentamento generale cui si è assistito nella seconda parte dell’anno sia imputabile, principalmente, a due fattori: il numero elevato di c.d. “trophy asset” che sono stati messi sul mercato nella prima parte dell’anno (che ha reso i primi sei mesi dello scorso anno davvero straordinari, sia in termini di numero di operazioni che di dimensione delle stesse) e il nuovo panorama politico, che ha portato una certa instabilità e diffidenza nei mercati e negli operatori». Rispetto al 2019, Sandicchi ritiene che «molti operatori prevedono una contrazione dell’attività nel 2019, sia per ragioni politiche sia per ragioni economiche, ma io vorrei essere più ottimista. Sebbene sarà difficile ripetere i risultati straordinari del 2018, a mio parere anche quest’anno le operazioni m&a non mancheranno. Magari non si raggiungeranno le dimensioni di alcune di quelle che abbiamo visto nel 2018 ma, da un punto di vista puramente numerico, sono convinto che l’m&a non subirà un tracollo, considerando che il nostro paese è pieno di realtà imprenditoriali di assoluta eccellenza. Temo, però, che in tutti i settori altamente regolati (come ad esempio le banche e le aziende che operano sulla base di concessioni) l’m&a possa subire un deciso rallentamento». «Settori che normalmente destano interesse in Italia», continua Sandicchi, «credo manterranno il loro ruolo chiave. Mi auguro, tuttavia, che non venga meno il rinnovato interesse per le infrastrutture che abbiamo visto nel 2018 (pensiamo al deal Gip/Italo, che abbiamo avuto la fortuna di seguire da vicino). I paesi più attivi, credo, continueranno ad essere i nostri partner europei. Da un punto di vista personale, invece, mi augurerei di vedere un rinnovato interesse verso aziende italiane da parte di società e aziende russe. Tra i due paesi esiste da sempre un forte legame commerciale e ci sono diverse aziende italiane che potrebbero rappresentare un ottimo investimento per i “campioni” russi».

Orrick ha seguito oltre 35 operazioni nel 2018. Guido Testa ritiene che «l’andamento delle operazioni durante lo scorso anno abbia sofferto in parte della fase di cambiamento di scenario politico che l’Italia ha attraversato. Imprenditori e investitori hanno ritenuto opportuno rallentare le operazioni di investimento per fugare le incertezze sulla stabilità economica del paese». «In parte», continua Testa, «il 2019 gode di un effetto scia per le molte operazioni preparate nell’ultimo trimestre del 2018. Si osserverà comunque un certo rallentamento, a causa di un clima politico e finanziario che fa permanere qualche perplessità tra imprenditori e investitori».

Pavia e Ansaldo, nel 2018, ha chiuso 38 operazioni di m&a. A parere di Stefano Bianchi «il rallentamento sembra correlato alle incertezze sulle prospettive dell’economia italiana, determinate dal delicato momento attraversato dall’Unione europea e dai contrasti e difficoltà che hanno accompagnato l’approvazione della “finanziaria” italiana. Almeno per il primo semestre non ci attendiamo una significativa ripresa, per il perdurare dei fattori congiunturali del secondo semestre 2018. È auspicabile che, superati gli scogli delle elezioni europee e del negoziato Brexit, la situazione divenga più stabile e favorevole agli investimenti».

Ugo Molinari di Molinari e associati afferma che «nel corso del secondo semestre del 2018 è stato registrato un rallentamento collegato sicuramente a un generale clima di incertezza derivante dal nuovo scenario politico ma anche all’instabilità dei mercati finanziari. Un interessante pipeline fa sperare in un buon avviamento del comparto m&a ».

Baker & McKenzie, nel corso del 2018, ha chiuso oltre 20 deal di m&a. Secondo Pietro Bernasconi, «il volume complessivo del 2018 va normalizzato perché influenzato da un’operazione one-off e cioè la fusione tra Luxottica e Essilor. Detto ciò, dopo i primi 6 mesi del 2018 con una dinamica importante sul mercato da parte degli operatori, nella seconda metà dell’anno si è registrato un rallentamento dovuto al clima di incertezza politica ed economica che ha inciso sulle grandi operazioni e ha creato una forte instabilità».

A parere di Pietro Cavasola di Cms, «il trend positivo di investimenti, soprattutto internazionali, continuerà anche nel 2019, sempreché esso non sarà influenzato negativamente dall’evolversi della situazione politica. Infatti, secondo l’indagine effettuata dall’M&A Outlook di CMS, sette operatori su 10 prevedono di effettuare un’operazione di M&A nel 2019. Dall’analisi che abbiamo fatto, il 72% degli intervistati pensa di concludere un’operazione M&A nel prossimo anno (sia un’acquisizione, cessione o entrambe), e il 22% prevede un aumento nel numero delle operazioni nel prossimo anno».

Sergio Anania, di Whiters, ritiene che le previsioni per il 2019 «non sono rosee, è evidente che ormai lo slancio della ripresa si sia fermato. Fortunatamente l’economia lombarda continua un suo trend di crescita sia nel settore immobiliare che in quello industriale. Complessivamente però le previsioni per il 2019 restano allineate al secondo semestre 2018».

Alberto Basso e Alberto Di Fresco di Elexia ritengono invece che «il contesto politico economico Italiano che ha alimentato una sensazione di incertezza, unitamente ad uno scenario di peggioramento in prospettiva dell’economia a livello mondiale legato anche alle problematiche geopolitiche, hanno a nostro avviso influito sul rallentamento delle operazioni di m&a, tuttavia a livello di studio non rileviamo una contrazione delle operazioni che in prospettiva potrebbero chiudersi da parte di nostri assistiti».

Andrea Rescigno di Legalitax sottolinea che «lo studio ha in cantiere alcune operazioni di m&a, ma non più del passato. A livello macro-economico, dopo alcuni anni in cui le operazioni di m&a erano in un’ottica di crescita e di sviluppo, è possibile che quest’anno l’m&a torni ad essere, entro certi limiti, una misura per fronteggiare la crisi in alcuni settori».

A cura di Gabriele Ventura

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