La nuova partita delle rinnovabili

Si apre una nuova partita per le fonti rinnovabili. Dopo la “debacle” del primo “conto energia” del 2005 e la “corsa all’oro” scatenata dai maxi incentivi dal 2007, si prospetta ora un nuovo boom per l’energia alternativa. I profili di rischio però non mancano, dall’incertezza del modello finanziario, ai ritardi regolatori, alla variabilità della giustizia amministrativa.

Tutte criticità che il decreto “fonti rinnovabili” dovrebbe risolvere, ma che non si sa quando vedrà la luce. Le opportunità, invece, sono date dall’innovazione tecnologica, che consente lo sviluppo di impianti più efficienti, con uno spazio ridotto a parità di produzione. È il quadro che emerge dall’intervista doppia di Le Fonti Legal a Tommaso Ferrario, avvocato esperto di energy dello studio Amtf Avvocati, e ad Angelica Orlando, direttore affari legali, istituzionali e regolatori presso Sorgenia.

Tommaso Ferrario, si prospetta un nuovo boom delle rinnovabili. Quali i profili di rischio per chi investe?
Si prospetta un nuovo boom delle rinnovabili, ma non sarà certamente una “corsa all’oro” come negli anni 2007-2012, perché il mercato non è più sussidiato e soffre degli stessi “cons” della scorsa volta: una elevata regolazione, e l’incertezza circa la stabilità dei permessi. Ma rispetto alla volta scorsa manca il principale dei “pros”, ossia la tariffa incentivante, e con la vendita di energia elettrica, i margini si sono assottigliati. Insomma, i profili di rischio per chi investe nelle rinnovabili non sono pochi. A oggi, l’energia elettrica non è ancora facilmente immagazzinabile, per cui o l’operatore è certo di riuscire a venderla in toto, a prezzi stabili e ragionevoli con i tanto proclamati Ppa, oppure il modello finanziario è troppo incerto. E chi si avvicina alle rinnovabili raramente ha una cultura nei contratti “spot” o “forward”, ossia in contratti di vendita a pronti o a termine. Ma ragiona sulla produzione giornaliera e cerca qualcuno che gliela comperi a forfait, perdendo tuttavia in questo modo i margini del trading, propri degli operatori più strutturati. È vero, rispetto al passato si ha oggi un certo sviluppo della tecnologia, migliorata, ma per esempio i “sistemi di accumulo”, per quanto interessanti, ancora necessitano di un nuovo e oneroso investimento. Da ultimo, dovendo guardare a capitali stranieri, in Italia c’è un forte problema di credibilità che questo continuo delay del decreto “fonti rinnovabili” non aiuta a risolvere, e i ritardi regolatori impattano su tutto il sistema produttivo, dall’industria che paga ancora tanto per avere energia, ai fornitori, fino alle banche.

Che tipo di incarichi state ricevendo come studio?
Nel settore delle rinnovabili, come studio, rileviamo una continua richiesta sulle operazioni di m&a, finanziamento e rifinanziamento, mentre non notiamo un paritetico aumento dal punto di vista regolatorio e di sviluppo, su cui siamo anche noi molto cauti. E lo capiamo, c’è diffidenza, i nuovi impianti saranno necessariamente più grandi rispetto al passato per poter sfruttare le economie di scala, e dunque più impattanti per quanto minori in numero. Con l’effetto per cui se un territorio può ospitare 30/40 nuovi grandi impianti, vuole dire che tra tutti questi nuovi sviluppatori che stanno ora proliferando ci sarà necessariamente una selezione, qualitativa e quantitativa. Bisognerebbe comunque intervenire sull’arbitrarietà degli enti locali, stringendo le maglie sui territori dove si può o meno costruire, dando però certezze agli investitori sul processo autorizzativo. Siamo inoltre impegnati nello sviluppo, lato investitori per lo più stranieri, di progetti fotovoltaici ed eolici, per i primi cercando di prevedere condizioni contrattuali che permettano un dosaggio adeguato del rischio, per i secondi, che si confrontano con un mercato rappresentato da un insieme di player più sofisticati a livello territoriale rispetto al fotovoltaico, per lo più nella fase 2, ossia nella costruzione degli impianti.

Quali gli scenari aperti dal “phase out carbone”?
Ci sono una serie di problematiche aperte, che ancora una volta fanno emergere gli stessi guai della politica del passato: proclami in pompa magna destinati ad essere necessariamente riconsiderati. Un esempio? La Sardegna, ci sono due centrali, ambedue a carbone, ciascuna sostiene circa metà regione dal punto di vista energetico. Secondo il ministro dell’ambiente Costa entro il 2025 si deve perfezionare il phase out dal carbone. Le tempistiche per convertire le centrali sono bibliche. Per costruirle ci vuole tempo e cura. E soldi. Cosa facciamo? trasferiamo tutti gli abitanti della Sardegna in altre regioni? Difficilmente ipotizzabile che nel 2025 sia stata trovata una soluzione, mentre è più probabile che la data venga prorogata. Il risultato, però, è che tutti coloro che stanno avviando un business plan in vista dell’uscita dal carbone, dalla proroga subiranno delle perdite ed i proprietari sono nell’incertezza. Le cose devono essere programmate a lungo periodo.

Quali le opportunità del settore energy?
Una delle partite più interessanti si gioca sul collegamento delle reti. Oggi c’è tantissimo da fare e da migliorare, ci sono compartimenti stagni che creano inefficienze. Difficili ed onerose da gestire, se ci fosse più collegamento il dispacciamento sarebbe più armonico e lineare. Il miglioramento della rete elettrica è fondamentale, è una esigenza nelle zone in cui si vuole investire e va di pari passo allo sviluppo industriale. In generale, serve una riforma complessiva del settore che si ponga l’obiettivo di evitare eccessive frammentazioni di zone, e monopolizzazioni per ogni segmento dell’energia, creando una maggiore concorrenza. Nel dubbio il regolatore, a tutti i livelli, dovrebbe sempre seguire la concorrenza. Tra le diverse opportunità del settore è di grande interesse la creazione di “centrali di picco”, centrali termoelettriche, con potenza pari a qualche decina di megawatt, che avranno come effetto quello di tenere in equilibrio la rete, con “manovre” più snelle. Quando, per esempio, sarà necessario un nuovo output di energia, per cali o per regolazioni di tensione, anziché utilizzare le grandi centrali, si potranno chiamare le “centraline” più flessibili, con costi più bassi e capacità di entrare in assetto velocemente. Di conseguenza, verranno abbassati i costi di approvvigionamento e dispacciamento di energia elettrica. Ridotte le emissioni. È un’opportunità su cui diversi produttori si stanno affacciando. Su cui molto inciderà il capacity market, ossia la remunerazione accessoria per quei fornitori di capacità elettrica che si impegnano a mantenerla e a metterla, in caso di necessità, a disposizione del sistema. Altra opportunità è data dal revamping degli impianti rinnovabili esistenti, che porteranno alla sostituzione delle strutture vecchie con altre nuove, dietro però un vantaggio economico che va previsto normativamente, senza svantaggiare chi produce energia in altro modo.

Angelica Orlando, si prospetta un nuovo boom delle rinnovabili. Come lo state affrontando?
Siamo davanti a una nuova fase del settore energia, perché da un lato le nuove tecnologie consentono oggi di rendere meno costose le fonti rinnovabili rispetto a prima. Oggi si parla infatti di market parity senza più bisogno degli incentivi che una volta erano necessari. Dall’altro lato, a questo aspetto si associa un cambio di paradigma del settore energia: siamo passati da un sistema che vedeva il produttore che produceva e distribuiva energia al consumatore, a un modello in cui il consumatore è sempre più consapevole e partecipe nel mercato. Il futuro è un modello di energia distribuita che passa attraverso le fonti rinnovabili. Questa è un’opportunità per Sorgenia perché oggi non è più solo un fornitore di energia ma un operatore di servizi integrati che va dall’installazione di piccoli impianti domestici rinnovabili fino alla gestione dell’energia prodotta. Ma è un’opportunità enorme anche per il consumatore che potrà trarre profitto da un consumo più efficiente e consapevole dell’energia. Accanto a questa nuova opportunità di sviluppo resta fermo l’impegno di Sorgenia a fare investimenti in fonti rinnovabili valorizzando il know-how che negli anni passati ha permesso a Sorgenia di essere uno dei protagonisti nel mercato della generazione rinnovabile. Diversi sono i progetti in cantiere alcuni in fase avanzata come il primo impianto geotermico tecnologicamente avanzato, che sta concludendo il processo autorizzativo. Per quanto riguarda poi il fotovoltaico, abbiamo un progetto che prevede l’installazione di 250 MW nei prossimi anni. Inoltre, stiamo lavorando a una pipeline per il biometano con un complessivo piano industriale disegnato intorno a un’idea di fondo: la sostenibilità ambientale. Accanto a questi progetti, abbiamo infatti impianti a ciclo combinato a gas con livelli di emissione bassissimi che garantiscono flessibilità in fase di transizione energetica verso il parco rinnovabile.

Ci sono però tutta una serie di problematiche legate alla saturazione del territorio. Come si affrontano?
Da una parte l’innovazione tecnologica oggi consente lo sviluppo di impianti fotovoltaici più efficienti rispetto al passato, che necessitano di uno spazio ridotto a parità di produzione, dando un valore aggiunto in termini di occupazione del suolo. Ci sono poi alcune installazioni di ampie dimensioni che richiedono lo svolgimento di tutto il processo autorizzativo, ma comunque con una cubatura inferiore rispetto al passato. Il quadro normativo già offre adeguate garanzie per uno sviluppo pienamente compatibile da un punto di vista ambientale e paseaggistico. Da ultimo questo sviluppo offre una importante opportunità di recupero di aree dismesse o brown-field l’importante è il dialogo con il territorio per giungere in tempi rapidi alla conclusione degli iter autorizzativi.

È in cantiere il “Decreto Rinnovabili”, anche se rispetto alla sua adozione regna l’incertezza. Quali le criticità?
Rispetto al decreto FER 1, una criticità riguarda gli impianti idroelettrici di piccole dimensioni, il cui sviluppo è fortemente limitato dal quadro di incentivazione definito dal decreto, che stabilisce alcuni requisiti tecnico-progettuali che rischiano di tenere fuori progetti che sostanzialmente hanno tutte le caratteristiche ambientali richieste dal più ampio quadro normativo di riferimento. In questa fase il Governo sta lavorando proprio per individuare una soluzione di compromesso che possa contestualmente salvaguardare gli aspetti di interesse ambientale con quelli di carattere industriale.

Quali scenari apre il “Phase out carbone”?
L’uscita dal carbone, aldilà dell’aspetto normativo, è oggi una necessità perché c’è una crescente consapevolezza rispetto al garantire alle generazioni future un mondo privo di fonti di produzione di energia fortemente impattanti. È chiaro che pensare oggi all’uscita dal carbone per arrivare a un parco interamente rinnovabile non è immaginabile. Bisogna costruire un percorso che accompagni questa transizione e in questo senso gli impianti a gas giocano un ruolo fondamentale come peraltro confermato all’interno del Piano nazionale integrato clima energia che il nostro Governo ha recentemente condiviso con la Commissione europea. Da un lato non hanno il limite dell’intermittenza delle rinnovabili, dall’altro hanno un costo più basso rispetto al carbone. Ritengo quindi che il percorso sia disegnato dallo stato delle cose, indipendentemente dai provvedimenti.

Quali le opportunità offerte dal settore energia?
In generale vedo nello sviluppo tecnologico e nella crescente digitalizzazione una grande opportunità per le imprese che operano in questo settore. Nella misura in cui, però, siano in grado di interpretare concretamente il cambiamento, incentivando il consumatore a essere sempre più partecipe di questo processo. Oggi, la tecnologia rende più accessibili sia la creazione sia la realizzazione di impianti che prima potevano essere installati solo grazie a incentivi perché avevano costi eccessivi. In questi termini, lo sviluppo tecnologico porta alla crescita di filiere diverse, e noi stiamo sviluppando, tra le altre cose, sinergie per la ricerca e la realizzazione di tecnologie di accumulo eco-compatibili per i clienti residenziali. L’altro tema è legato alla digitalizzazione del consumatore, che oggi ha la possibilità di accedere ai servizi a costi contenuti e con grande semplicità. I nostri clienti possono scegliere l’impianto rinnovabile da cui approvvigionarsi. Si tratta di una grande opportunità perché oggi il tema della sostenibilità ambientale è sempre più sentito.

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