Made in Italy, affari a stelle e strisce

Anche il “made in Italy” dovrà fare i conti con la politica commerciale protezionistica americana. Per il momento, però, a dispetto degli annunci, l’amministrazione Trump non ha ancora implementato dazi su prodotti italiani. D’altra parte, colpendo il made in Italy, verrebbe posto un freno a un canale privilegiato che da anni caratterizza il rapporto commerciale tra Italia e Stati Uniti e che è in costante crescita.

 

Gli ultimi numeri parlano infatti di un incremento del 115,3 per cento dell’export italiano dal 2003 al 2018, e del 119,2% per quanto riguarda le esportazioni Usa verso l’Italia. Tra il 2014 e il 2018, inoltre l’aumento dell’export su entrambi i versanti è stato tra il 30 e il 36,3%. Per quanto riguarda i prodotti, i motori principali delle esportazioni verso gli Usa sono le 3F, che da sempre caratterizzano il made in Italy: food (che pesa per il 9,4% che equivale a 5,1 miliardi di dollari), fashion (9,5% per 5,2 miliardi), furniture (2,3% per 1,2 miliardi). In totale, le 3F pesano per il 21,2% sulle esportazioni per un valore equivalente a 11,6 miliardi di dollari. Sono gli ultimi dati resi noti a Le Fonti Legal dalla American Chamber of Commerce in Italy (Amcham), istituzione chiave per le imprese che puntano a fare business sull’asse Italia-Usa con cui Le Fonti ha sviluppato una partnership esclusiva per la realizzazione della serie “Us Talks American Corporate Leaders in Italy”, format di approfondimento sul mondo del business americano, che andrà in onda in diretta streaming su Le Fonti TV. Abbiamo seguito anche l’assemblea annuale dei soci, uno degli appuntamenti più importanti dell’anno per Amcham, in occasione della quale viene approvato il bilancio e nominate le nuove cariche sociali. A margine dell’evento, ai microfoni di Le Fonti TV, sono intervenuti i protagonisti, a partire da Paolo Ceresa, senior business advisor Amcham ed esperto in tema di internazionalizzazione verso gli Usa, per illustrare qual è la ricetta che deve seguire un’impresa per avere successo sul mercato a stelle e strisce.


Quali le maggiori opportunità sul mercato americano per le aziende italiane?
Le opportunità ci sono in quasi tutti i settori, è necessario però che l’azienda italiana sia preparata per affrontare un mercato grande e complesso dal punto di vista dell’investimento, sia in termini di personale, sia economico. L’approccio, poi, dipende dai settori: è diverso se la distribuzione riguarda materiale tecnologico, abbigliamento o prodotti agroalimentari. L’imprenditore deve comprendere poi che il mercato non è omogeneo, ci sono 50 stati che si comportano a volte in modo totalmente differente, per cui serve prontezza ed elasticità per affrontare le richieste e le necessità peculiari di ogni stato. In caso di prodotti agroalimentari, infatti, ci possono essere zone dove il prodotto è più apprezzato, altre che non lo richiedono per una diversa cultura alimentare. Anche per i prodotti industriali vale lo stesso discorso.


Quindi come si deve comportare l’imprenditore?
Deve fare uno studio sui comportamenti di acquisto e vedere quali sono le zone dove il prodotto che intende distribuire è più apprezzato. Se si tratta di prodotti consumer, sarà necessario cercare operatori che importano i prodotti nei singoli stati o che li vendono direttamente come negozianti. In caso di prodotti agroalimentari, l’interlocutore può essere direttamente il negoziante, ma se si tratta di vino il passaggio diventa diverso: i distributore o l’importatore deve avere la licenza per poter vendere il prodotto al venditore finale.

Quali sono i settori che stanno andando meglio, sempre sull’asse Italia-Usa?
I macchinari industriali sono in forte crescita negli ultimi due anni e stanno viaggiando a doppia cifra. L’agroalimentare va sempre bene, così come il vino. A dispetto di quanto si possa pensare, gli Stati Uniti, in termini di tecnologia per macchinari industriali, sono più indietro rispetto a noi, per cui apprezzano i prodotti tecnologicamente più avanzati. Ci sono poi delle procedure burocratiche da rispettare per entrare nel mercato Usa, certificazioni necessarie per i macchinari, ma anche per i prodotti alcolici: si tratta di prassi necessarie da svolgere prima dell’invio dei prodotti. Inoltre, per chi decide di investire sul mercato aprendo un ufficio o una unità produttiva, è necessario verificare quali siano gli incentivi che ogni stato offre e che sono basati sostanzialmente sul numero di dipendenti americani che vengono assunti nell’arco di uno, due o tre anni: si tratta di incentivi fiscali ma anche sull’acquisto di macchinari o sulla formazione dei dipendenti.

Qual è il trend delle aziende italiane che decidono di aprire una unit negli Usa?
Negli ultimi due anni abbiamo assistito a una crescita importante di aziende italiane che puntano a stabilirsi negli Usa, dovuta in particolare alle nuove normative fiscali. Inoltre, se si apre una unità produttiva, i prodotti diventano “made in Usa” e non vengono sottoposti ai dazi commerciali.

Che impatto sta avendo la politica commerciale di Trump nei confronti di Cina e Ue sugli scambi Italia-Usa?
Al momento, per quanto riguarda l’Italia, non è ancora stato messo in atto nulla. Molti imprenditori, però, si stanno tutelando e una strategia alternativa può essere quella di aprire una unità produttiva in loco.
Certo, per i prodotti legati all’agroalimentare questo non può essere fatto.

Che ruolo svolge, in questo senso, la Camera di commercio americana?
La Camera di commercio assiste le imprese italiane che hanno progetti di investimento negli Usa, attraverso un’attività consulenziale che riguarda l’ammontare dell’investimento, gli incentivi, il costo del personale, delle utilities e così via. Offriamo all’imprenditore la possibilità di farsi un’idea chiara su costi e tempi dell’investimento, su cosa fare, dove andare e soprattutto su cosa non fare. Viene inizialmente svolta una due diligence approfondita che riguarda il tipo di prodotto da esportare e il processo industriale. Viene poi elaborato un report con tutte le informazioni necessarie. La costituzione materiale dell’impresa chiaramente non possiamo farla noi, ma forniamo informazioni sulle tipologie societarie più convenienti, i livelli di tassazione a seconda dello stato di riferimento, considerando che gli Usa hanno un sistema di tassazione di tipo federale.

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