Virus e impatto sull’economia, i “vaccini” per contrastarlo

Lavorare in smartworking ed essere costantemente presenti sui social ci consente di raccogliere e fornire risposte – in tempo reale – ai quesiti dei nostri clienti e in generale dei nostri lettori.

In questi giorni ci hanno contattato diverse persone (soprattutto operanti nei settori “bloccati”) per avere consigli su situazioni di difficoltà aziendale. Una delle domande più frequenti ci è stata posta dalle aziende conduttrici di immobili in forza di contratto di locazione, le quali non hanno la possibilità di operare e dunque di produrre ricavi.
La domanda, posta in termini pratici, è la seguente: “Causa covid-19 devo tenere in stand-by la mia attivita’ … che succede se non pago il canone di locazione ?”

La risposta non è allarmante, e potrebbe essere anticipata dall’espressione “niente panico”. E’ sempre bene – infatti – avere un’ “infarinatura” di alcune nozioni giuridiche: il conduttore dell’immobile è in una condizione ragionevolmente “giustificata” in quanto si trova impossibilitato (non per colpa sua, ma per colpa di un’emergenza sanitaria nazionale) ad utilizzare l’immobile per la sua attività imprenditoriale.
Il contratto probabilmente non sarà molto d’aiuto, in quanto è abbastanza raro che un caso particolare come questo sia previsto nelle condizioni contrattuali.
Dal lato politico, il Governo non ha finora autorizzato gli imprenditori colpiti dal “blocco” a non pagare i canoni di locazione, ma ha solamente previsto un credito d’imposta pari al 60% del canone relativo ai mesi di blocco (una misura che tuttavia, non solo si presenta alquanto blanda, ma si dimostra totalmente inefficace a tamponare i problemi di natura finanziaria).
Fatte queste premesse, il consiglio è quello di tutelarsi col buon senso. E’ dunque suggeribile che il conduttore – in caso abbia una assoluta difficoltà a pagare, causa blocco dell’attività – mandi una formale comunicazione al proprietario informandolo:
1) Che sospende il pagamento del canone di locazione, in quanto – per ragioni a lui non imputabili – è sopravvenuta l’impossibilità di fruire dell’immobile secondo le finalità contrattuali;
2) Che si riserva di invocare il rimborso della parte di canone eventualmente già pagata anticipatamente, ma non fruita;
Le motivazioni sopra addotte risultano rafforzate dalle previsioni del Codice Civile, e dovrebbero da un lato tutelare il conduttore, e dall’altro scoraggiare il proprietario ad agire legalmente per recuperare i canoni non incassati.
Inutile dire che la soluzione maggiormente auspicata è quello di trovare un accordo bonario tra proprietario e conduttore, vista la situazione di comune difficoltà.

Un’altra tra le domande più frequenti arrivate nelle ultime ore, ci è stata posta da aziende che hanno in corso contratti con scadenze predefinite, e che hanno ovviamente subito disagi dall’emergenza nazionale in corso.
Come noto, infatti, i decreti susseguitisi nelle ultime settimane hanno prudentemente imposto misure più restrittive “ad ampio raggio”, tra cui l’obbligo di chiusura per molte aziende, salvo che le stesse adottino forme di lavoro agile o a distanza.
La domanda che ci è stata posta può essere – sinteticamente – così riassunta:
“Causa coronavirus la mia azienda non riesce a rispettare le scadenze contrattuali … cosa rischio ?”
Caliamoci dunque nella casistica concreta … L’ esempio classico è quello del fornitore che non riesce a consegnare la merce per blocchi logistici, o che non può produrre la commessa per diffusione del virus in azienda.
In tale situazione, il fornitore può giustamente temere il rischio di una richiesta di risarcimento danni o di una penale contrattuale.
Ebbene, tale rischio, a certe condizioni, può essere ridotto o annullato.
Esistono infatti tutele per il fornitore che non abbia potuto svolgere la sua prestazione per un’oggettiva impossibilità (art. 1256 e 1463 codice civile).
Tuttavia, è opportuno – prioritariamente – prestare attenzione a tutta una serie di variabili, di fondamentale importanza.
Innanzitutto bisogna leggere bene il contratto, e verificare:
1) quale sia la legge applicabile, specialmente nei contratti con clienti stranieri;
2) se sia disciplinata la casistica della “causa di forza maggiore” e in che modo (il concetto di forza maggiore infatti non è “assoluto”).
Secondariamente va verificato:
1) se e come l’evento COVID-19 abbia condizionato l’adempimento (il virus non va infatti usato come “scusa” per coprire altre inefficienze o inadempienze);
2) se il fornitore sia stato diligente nell’avvertire per tempo il cliente, e nell’adottare tutti i protocolli di sicurezza sui luoghi di lavoro allo scopo di contrastare il diffondersi del virus in azienda e non mettere a rischio l’operatività aziendale;
Fatte queste verifiche, si ritiene che il contratto venga dunque “sospeso” fino a quando non cessa l’impedimento oggettivo. Successivamente le parti potranno:
1) continuare il rapporto contrattuale, se ancora interessate a proseguirlo;
2) lasciare che tale rapporto si estingua, se non più interessate a proseguirlo.

Una terza tipologia di quesito che molto frequentemente ci è stata posta riguarda invece la “macroarea” dei rapporti di finanziamento bancario, e i relativi obblighi da essi derivanti.
Il quesito, in estrema sintesi, può esser espresso dalla seguente domanda: “Causa coronavirus ho difficoltà a pagare mutui, finanziamenti, e leasing … cosa posso fare? ”
Trattasi ovviamente di una domanda che si stanno ponendo tutti – sia privati che aziende – e alla quale è senz’altro possibile rispondere con una rassicurazione. Come noto, infatti, a seguito del decreto Cura-Italia, nonchè di una convenzione tra Banche e Associazioni di categoria, sono state introdotte misure finalizzate a richiedere la sospensione o l’allungamento di mutui, finanziamenti, e leasing, oltre che facilitazioni per l’accesso al credito tramite il Fondo PMI.
Le misure sono fruibili da chiunque (privati, aziende, partite IVA, professionisti) che abbiano subito una riduzione degli introiti a causa del blocco COVID-19.
La procedura non è troppo tortuosa, i requisiti non sono stringenti, e le informazioni sono alla portata di tutti, in quanto agevolmente reperibili in internet. In particolare, vi sono diversi portali all’interno dei quali è possibile acquisire, ulteriori dettagli in merito alle misure sopra descritte, l’elenco delle banche aderenti, nonché la modulistica da compilare sia per aziende che per privati.
Ma non è tutto: il recentissimo Decreto-Legge 8 Aprile 2020, n. 23 (c.d. “Decreto Liquidità” o “Decreto salva imprese”) ha introdotto una serie di misure urgenti finalizzate a garantire la stabilità delle imprese, in particolare attraverso il sistema delle garanzie.

L’intervento complessivo consiste infatti nello stanziamento di 400 miliardi di Euro, di cui:
– 200 miliardi in favore della liquidità del mercato interno, a garanzia di prestiti di piccole, medie e grandi imprese colpite dall’emergenza COVID-19
– i restanti 200 miliardi destinati all’export.
In concreto, lo Stato – tramite sue società controllate – garantirà il credito che gli istituti di credito erogheranno nei confronti delle imprese.
Le garanzie saranno prestate tramite due canali di accesso:
– la società pubblica SACE (controllata da Cassa Depositi e Prestiti), soprattutto per le imprese più grandi
– il Fondo di garanzia per le PMI (controllato dal Mediocredito Centrale e dal ministero dello Sviluppo) che è più indirizzato ad imprese fino a 499 dipendenti;
Tali garanzie saranno articolate in un sistema “a scaglioni”, che prevederà differenti coperture, variabili a seconda di:
– fatturato
– dipendenti
– importo del finanziamento
– costi del personale
A corollario di quanto sopra, e sempre nell’ottica di salvaguardare la liquidità delle imprese, il suddetto decreto ha rinnovato anche per i mesi di Aprile e Maggio quanto già disposto per il mese di Marzo dal decreto Cura Italia, ovvero la sospensione dei versamenti di natura fiscale e previdenziale per i territori più colpiti dal Covid-19.
Non resta che augurarsi che questi “vaccini” riescano in qualche modo a debellare il virus che – ahimè – negli ultimi tempi ha messo a dura prova l’economia italiana. Anche se riteniamo che il miglior vaccino sia la collaborazione tra le parti, la coesione degli italiani, e la propensione a sostenersi a vicenda, evitando vertenze o contenziosi che in questa fase sarebbero solamente dannosi per tutti.

Marco Passantino
Dottore Commercialista in Brescia

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