Il post emergenza non frena il contenzioso

Finito lo stato d’emergenza è tempo per il comparto sanitario di recuperare l’ordinaria attività rimasta in sospeso nei due anni di pandemia. L’elevata pressione dovuta alla mole degli arretrati, però, sta avendo ripercussioni sulla qualità delle prestazioni favorendo il contenzioso per malpractice. A sostenerlo, e a fare il punto sulla legge Gelli-Bianco, è lo Studio Astolfi e Associati con gli avvocati Valentina Astolfi, socio, Francesca Di Marco e Sara Bravi, associati e la dott.ssa Anna Bogliolo, consulente.

Quali sono gli effetti della fine dell’emergenza sul comparto sanitario?
Come noto in data 31 marzo 2022 è cessato lo stato d’emergenza, con conseguente graduale venir meno delle annesse restrizioni e normative speciali introdotte in funzione della prioritaria esigenza di cura dei malati covid a scapito anche dell’ordinaria erogazione delle prestazioni sanitarie extra covid non caratterizzate da urgenza. Se quindi va da sé che la fine dello stato d’emergenza non equivale alla fine della pandemia, è tuttavia evidente che il comparto sanitario si trovi ora nella necessità di ritornare a svolgere anche l’ordinaria attività assistenziale e di cura, con l’ulteriore aggravio conseguente al recupero delle liste d’attesa degli ultimi due anni e di tutte le prestazioni specialistiche di controllo o diagnostiche sinora sospese e dunque in arretrato. Da quanto sopra consegue quindi l’esigenza per le strutture sanitarie di sostenere adeguati volumi di attività, con maggior ricorso a strumentazioni e tecnologie che consentano di ottimizzare tempi e risorse disponibili, ed utilizzo maggiore della telemedicina, quale modalità di erogazione della prestazione sanitaria sempre più diffusa, ove compatibile con le esigenze di cura del paziente, tanto da trovare ampia valorizzazione, nelle sue diverse declinazioni, nei progetti previsti dal Pnrr in corso di implementazione. Cionondimeno occorre considerare che a tale pressione sul sistema sanitario consegua anche un maggior margine di rischio correlato a responsabilità per malpractice, con annessa ricaduta in termini di contenzioso e di oneri risarcitori, anche in ragione del fatto che sono ampiamente superate alcune misure introdotte dal legislatore in relazione all’emergenza sanitaria (si pensi, fra l’altro, al divieto di intraprendere o di proseguire azioni esecutive nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, piuttosto che al c.d. scudo penale in favore dei professionisti sanitari che, durante lo stato di emergenza epidemiologica da Covid19 e per fatti riconducibili a quest’ultima, ne ha circoscritto la punibilità ai casi di colpa grave).


Quali sono le questioni normative ancora in sospeso?
A distanza di cinque anni dall’entrata in vigore della Legge 24/2017 non si può fare a meno di rilevare come la stessa risulti oggi solo parzialmente attuata. Se, infatti, da un lato è previsto l’“obbligo assicurativo”, dall’altro non hanno ancora trovato applicazione le norme previste in ambito assicurativo in quanto rimesse a decreti ministeriali non ancora emanati. Si tratta di decreti di particolare importanza in quanto pensati a garanzia della piena solvibilità del debitore e di un equo risarcimento e finalizzati a disciplinare una materia caratterizzata da una moltitudine di tipologie contrattuali alle quali si affiancano “analoghe misure” anch’esse non regolamentate. Solo recentemente, forse spinti dal timore di una nuova ondata di cause di malpractice conseguente alla pandemia da Covid-19, si è accentuata la necessità di portare a termine il lavoro iniziato anni fa. Nella Conferenza Stato-Regioni tenutasi lo scorso febbraio è stato infatti confermato lo schema del decreto, oggi al vaglio del Consiglio di Stato, in tema di determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative, delle condizioni di operatività delle altre “analoghe misure”, dell’assunzione diretta del rischio nonché delle regole per il trasferimento del rischio. Altro aspetto in sospeso attiene ai criteri di liquidazione del danno non patrimoniale che deve avvenire, sulla base agli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni private; mentre il danno di lieve entità è già liquidato sulla base di apposita tabella, quello da macro-lesioni è in attesa dell’entrata in vigore della Tabella Unica Nazionale. E’ quindi lodevole il tentativo del legislatore di meglio regolamentare la materia per un equo bilanciamento di interessi tra i soggetti che concorrono alle cure, anche al fine di arginare il diffondersi della medicina difensiva e di ridurre il contenzioso. Cionondimeno, non si può fare a meno di rilevare come vi siano ancora questioni in sospeso, non senza considerare che residuano dubbi in merito alla portata del predetto “obbligo assicurativo”, in difetto di analoga previsione a contrarre in capo alle assicurazioni.

Come è possibile orientarsi nella scelta del consulente legale in un caso di malasanità?
Il significativo aumento delle cause di malpractice ha indubbiamente portato ad un maggior interesse per la materia, spesso sottovalutandone la specificità e pensando di poterla trattare alla luce delle più generiche conoscenze codicistiche o affrontando ex novo la legge Gelli. Un tale approccio è certamente riduttivo, essendo sicuramente preferibile rivolgersi ad uno studio specializzato e competente in diritto sanitario e malpractice in quanto in possesso di un background di approfondite conoscenze. Questi elementi, grazie a rapporti consolidati negli anni, consentono altresì di avvalersi di una rete di consulenti specializzati nelle diverse branche della medicina, in grado di compiere valutazioni più complete e specialistiche, ottenendo, nell’ottica della massima tutela del cliente, una miglior qualità del lavoro e una migliore strategia difensiva.

Quale tipo di approccio avete nei confronti dei clienti?
Lo Studio Legale Astolfi e Associati si occupa da oltre cinquant’anni di diritto sanitario con particolare attenzione al tema della malpractice, al quale si approccia, qualunque sia il cliente, previlegiando la dimensione umana nella consapevolezza della delicatezza della materia trattata. Se infatti per la difesa dei diritti dei pazienti è sicuramente richiesta una sensibilità particolare, altrettanto deve essere garantito ai professionisti e/o alle strutture sanitarie troppo spesso citati in giudizio in assenza di motivi fondati. Accanto, dunque, alla passione nel trattare la materia e alle competenze professionali acquisite nel corso degli anni, è indispensabile il raggiungimento di un buon grado di empatia con il cliente affinché lo stesso, previo l’avvio di una istruttoria interna con l’ausilio di professionisti medici legali al fine di verificare la fondatezza della richiesta, possa liberamente valutare le differenti ipotesi di difesa, ivi inclusi eventuali accordi transattivi, e così partecipare attivamente alla strategia difensiva con sua piena soddisfazione, ferma ovviamente l’alea di giudizio.

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