Decreto whistleblowing: impatto positivo sul settore della compliance

Francesca Mulliri, Avvocata e associate di Integra srl, evidenzia i progressi compiuti nell’implementazione del decreto, i suoi impatti sul settore pubblico e privato, gli effetti sul campo della compliance nonché le possibili aree di miglioramento della normativa.

Il decreto legislativo n.24/2023 è entrato in vigore il 30 marzo 2023. A distanza di un anno circa, a suo parere, a che punto siamo in tema di whistleblowing?

Da marzo 2023 è stato compiuto un notevole passo in avanti nel settore del whistleblowing. Abbiamo assistito a due momenti fondamentali che hanno segnato l’evoluzione della materia in Italia: il 15 luglio 2023, quando il decreto ha iniziato a produrre efficacia per i soggetti del settore pubblico e quelli del settore privato che hanno impiegato nel 2022 una media di lavoratori subordinati superiore a 249; e il 17 dicembre 2023, data in cui l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna è diventato effettivo per tutti i soggetti obbligati.

Inoltre, l’entrata in vigore del decreto ha dato inizio a un importante processo di sensibilizzazione in materia. Non solo dipendenti e datori di lavoro hanno partecipato a percorsi di formazione, ma in generale, anche i mezzi di informazione hanno iniziato a prestare maggiore attenzione al tema e riconoscergli l’adeguata importanza. Il decreto, perciò, rappresenta un’altra fondamentale tappa per le aziende verso un ambiente che promuove e valorizza sempre più i principi di trasparenza, integrità e responsabilità.

Il 17 dicembre 2023 è stato fatto un ulteriore passo per quanto riguarda il whistleblowing: come commenta questo avvenimento?

Con il termine del 17 dicembre 2023, è evidente che siano stati compiuti progressi significativi, almeno sulla carta: tutti i soggetti obbligati si sono attivati per l’adeguamento alla normativa. Hanno quindi adottato proprie procedure e istituito un sistema interno per la gestione delle segnalazioni rilevanti ai fini del decreto, garantendo adeguate protezioni per i segnalanti e gli altri soggetti coinvolti.

È un buon punto di partenza, anche se è un percorso che richiederà del tempo. Infatti, al di là dell’adozione dei regolamenti interni agli enti, sarà essenziale valutare anche la loro efficacia pratica. Dovremo quindi attendere per verificare come settore pubblico e privato si adatteranno ai nuovi adempimenti e quali sfide emergeranno nell’applicazione concreta di tali disposizioni.

Crede ci siano possibili spunti di miglioramento riguardo all’attuale normativa sul whistleblowing? Se sì, quali?

Il testo della normativa rappresenta sicuramente un ottimo inizio. Credo comunque che possa essere migliorato rendendolo di più immediata comprensione: alcuni passaggi sono complicati e una maggiore precisione potrebbe evitare interpretazioni ambigue.

Ad esempio, si potrebbe riformulare la definizione degli ambiti di applicazione oggettivi e soggettivi. Attualmente, la normativa contiene numerosi rinvii ad altre disposizioni e un approccio più lineare ne agevolerebbe la sua applicazione.

Un altro esempio è la norma relativa ai soggetti a cui devono essere applicate le misure di protezione, ossia i “colleghi di lavoro che hanno un rapporto abituale o corrente con la persona segnalante”. La formulazione della norma si presta a diverse interpretazioni; anche su questo punto sarebbe utile maggior chiarezza.

Secondo la sua opinione di professionista che si occupa di compliance, quale impatto ha il decreto whistleblowing in questo settore?

Il decreto ha avuto un notevole impatto nel settore della compliance, grazie all’accurata regolamentazione di molteplici aspetti.

Per cominciare, indica criteri precisi per l‘individuazione della funzione responsabile alla gestione del canale di segnalazione interna: un soggetto/ufficio interno o esterno, autonomo e specificamente formato. Inoltre, stabilisce le tempistiche per ciascuna fase di gestione delle segnalazioni, evitando che queste vengano lasciate alla discrezionalità dei singoli enti.

Un aspetto cruciale è rappresentato dalle misure di protezione previste dal decreto, che non si limitano alla tutela delle persone segnalanti (individuati nel decreto in un elenco variegato di soggetti, quali lavoratori subordinati, collaboratori, volontari, tirocinanti, candidati in fase di processo di selezione etc.), ma si estendono anche ad altri soggetti, tra i quali i colleghi che hanno un particolare legame con il segnalante e chi ha prestato supporto all’invio della segnalazione (il c.d. facilitatore).

Infine, il decreto ha impatti significativi anche nell’ambito della protezione dei dati personali, dal momento che introduce obblighi specifici come la valutazione di impatto (c.d. DPIA, strumento utilizzato per verificare se il relativo trattamento dati è necessario e proporzionale e per analizzare i rischi connessi allo stesso), l’adozione di strumenti di crittografia e il rispetto del principio di minimizzazione dei dati, che impone la conservazione dei dati per il solo tempo necessario alla gestione della segnalazione e comunque non oltre 5 anni dalla data di comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione.  

Per concludere, ritengo che il decreto abbia avuto un impatto positivo nel settore della compliance e offra una base solida per futuri miglioramenti e sviluppi.

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