AVVOCATI.NET: focus su FinTech e nuove tecnologie

AVVOCATI.NET è uno studio legale “sui generis”. Altamente specializzato nell’innovazione in generale e nel settore FinTech in particolare, temi che ancora gli studi legali non seguono a fondo, ma solo con iniziative estemporanee. Alessandro Lerro, fondatore di AVVOCATI.NET, ha invece seguito la strada dell’innovazione fin dall’inizio della propria carriera professionale, culminando il proprio percorso partito dalla disciplina della tecnologia fino alla sua valorizzazione attraverso strumenti societari e finanziari. A raccontarlo è lo stesso Lerro, in questa intervista rilasciata a Le Fonti Legal sul concetto di consulenza strategica, ma anche su temi come start-up, cryptoassets, cybersecurity.

AVVOCATI.NET è uno studio legale conosciuto prevalentemente nel settore del FinTech, come nasce questa specializzazione?
A livello professionale ho cominciato dalla proprietà intellettuale, coltivando una passione familiare per l’innovazione tecnologica, poi sono passato al corporate lavorando per alcuni dei più grandi gruppi italiani. Quindi a partire dal 1999 sono entrato nel mondo del venture capital, cofondando una società di consulenza strategica, che aveva tra i suoi azionisti Elserino Piol, con Kiwi2, e 3i Group. E nel mondo del venture capital è all’ordine del giorno il confronto con nuove tecnologie, linguaggi di frontiera ed ambienti dove l’innovazione si costruisce quotidianamente. In sintesi, ho seguito un percorso che è partito dalla disciplina della tecnologia e che è arrivato alla sua miglior valorizzazione attraverso strumenti societari e finanziari, la cui evoluzione negli ultimi venti anni è poi stata rapidissima e ha trovato un connubio naturale con la finanza. Proprio su questo connubio negli ultimi anni AVVOCATI.NET sta puntando in modo prevalente, valorizzando anche l’esperienza e il network precedentemente costruiti.

Cosa c’entra la consulenza strategica con i servizi legali?
Ci sono molti tipi di servizi legali che sono fini a se stessi. Tuttavia ve ne sono alcuni che sono profondamente legati alla strategia dell’impresa alla gestione dei processi organizzativi e di controllo e al percorso di crescita del valore. Le aziende di piccole e medie dimensioni spesso trascurano le conseguenze di lungo periodo sulle operazioni sul capitale o sul debito, la rilevanza dei patti parasociali, il peso degli accordi per lo sfruttamento della tecnologia.
Nelle grandi aziende, con budget capienti, il management è generalmente affiancato da advisor strategici, che partecipano alla definizione delle politiche societarie, commerciali, contrattuali, industriali, e da advisor finanziari che supportano il management nel corporate finance: come e dove reperire risorse finanziarie, che tipo di accordi stipulare, a quali mercati rivolgersi.
Tutto questo manca per le PMI, per tre ragioni: obiettivi limiti di budget, scarso interesse da parte degli advisor, che hanno rilevanti costi di struttura e quindi preferiscono rivolgersi a clienti altospendenti, e soprattutto per ragioni culturali. Noi svolgiamo molto spesso un ruolo sostitutivo rispetto a queste professionalità: ad esempio, non ci limitiamo a scrivere un regolamento per le stock option ma aiutiamo l’imprenditore a capire perché è utile per la sua azienda, che obiettivi deve perseguire e quali sono le soluzioni più efficienti a disposizione. Prima della soluzione tecnico legale, quindi, c’è una profonda analisi di bisogni che colma un gap storico di competenze ed esperienze, utilissima per orientare le scelte dell’impresa.

Una logica da boutique?
Chi mi conosce sa che sono il peggior nemico della standardizzazione: nel mio settore uccide la qualità ed è un pessimo modo per fornire al cliente soluzioni. Il corporate finance e l’innovazione tecnologica richiedono sempre strategie ed azioni personalizzate; come insegna Simon Sinek bisogna “partire dal perché” entrare in intima sintonia con i bisogni dell’imprenditore, aiutarlo a capire la direzione da prendere e trovare le risposte specifiche alle sue domande, non rivendere a tutti lo stesso prodotto. Può sembrare una scelta economicamente sbagliata per uno studio legale, ma siamo sicuri che l’approccio tailored nel nostro settore sia premiante. Non intendiamo quindi la boutique come un negozio di lusso, ma come una bottega artigiana dal quale escono prodotti su misura. Peraltro questo approccio non ha nulla a che vedere con i costi, poiché siamo abituati a lavorare con PMI e start-up che generalmente non hanno una elevata propensione alla spesa.

Quando parla di innovazione, parla di start-up?
Lavorare nell’innovazione tecnologica non vuol dire occuparsi solo di start-up: esse sono un laboratorio eccezionale poiché occorre costruire tutto, dalle strutture ai processi, dal modello di business agli equilibri contrattuali, dalla compliance alle policy, soprattutto ove operino in settori regolamentati. Tuttavia, nel nostro Studio grande attenzione viene riservata anche alle PMI, con posizioni già consolidate sul mercato, e a grandi corporate che utilizzano l’innovazione tecnologica come fattore competitivo, di crescita e rinnovamento. L’open innovation e la crowd innovation, soluzioni proposte dalle migliori business school già dagli anni novanta, sono ormai strumenti strategici essenziali per mantenere una competitività internazionale in settori strategici come il digitale, l’health-care, l’energia.
Quello della start-up, in realtà, è uno stato mentale: possiamo immaginare una lavagna che pian piano si riempie di idee, di progetti, di previsioni, che devono essere velocemente coordinati ed ottimizzati senza poter fare riferimento a prassi pregresse, senza burocrazia, ma con obiettivi ambiziosi da raggiungere in tempi molto stretti, in un cantiere aperto con professionisti della più diversa estrazione (matematici, chimici, biologi, informatici). L’efficienza di una start-up può essere devastante ed è per questo che la storia delle grandi multinazionali di successo è fatta di spin-off nati in un ambiente separato e protetto, per favorirne creatività e velocità.

Open innovation vuol dire anche M&A?
In particolare vuol dire lavorare su acquisizioni strategiche di piccole e medie imprese, spesso dotate di importanti asset tecnologici o di team qualificati, il cui valore di acquisizione non è particolarmente alto, ma la cui complessità richiede specifiche skill. L’industria legale spesso guarda ai grandi numeri e tralascia questo settore che non genera una redditività significativa, pur richiedendo logiche di boutique con un ampio range di competenze e una capacità di visione imprenditoriale. Il nostro Studio segue diverse operazioni di M&A di questo tipo, quindi orientativamente al di sotto dei 50 milioni di enterprise value, sia dal lato del compratore che del venditore, anche se la seconda è la casistica più frequente, visto il nostro posizionamento su target tecnologici.

Lei è coinvolto in prima persona anche su questo fronte vero?
Sono Presidente di Entopan Innovation, un acceleratore d’impresa vocato all’innovazione armonica e all’open innovation, con grande attenzione al mondo impact e focus sul Mediterraneo, per riportare l’Italia al centro dell’ecosistema geografico e sociale in cui si trova. Il gruppo imprenditoriale ha obiettivi molto ambiziosi ed è stato oggetto di uno dei più grandi interventi in seed negli ultimi anni.

Come gioca il mondo impact sull’area legale?
È una nuova sfida: il mondo imprenditoriale ha ormai preso atto non solo della necessità di fronteggiare il riscaldamento globale, ma anche di sostenere a tutti i livelli l’inclusività e tutte quelle soluzioni imprenditoriali in grado di sviluppare in modo armonico le comunità locali. Nel 2021 abbiamo configurato un gran numero di società come Benefit e avviato processi di B-Corp, divulgando la cultura ESG ed introducendo i relativi parametri nei processi di analisi. L’Italia è ancora in grande ritardo rispetto alle indicazioni dell’EBA, che richiedono una valutazione ESG in sede di analisi del merito creditizio e, per parte nostra, stiamo cercando di favorire la cultura della sostenibilità presso i decisori. Anche il nostro Studio è ESG compliant, ha una politica di gestione degli inquinanti, ha sostanzialmente escluso l’uso della carta e promuove politiche inclusive.

Parlavamo di FinTech?
Il FinTech è un settore molto nuovo che, coniugando innovazione tecnologica e finanza ha lasciato ampia libertà di espressione ed interpretazione a chi ha voluto dedicarcisi con visione e creatività, ma al contempo con il rigore che caratterizza la materia finanziaria. Dopo aver scritto il primo libro in Europa sul crowd-investing, per il Sole 24 Ore, ho presidiato il settore aiutando molti operatori a sviluppare specifiche professionalità, sia nel settore degli investimenti che in quello dei pagamenti.

Qual è il prototipo del vostro cliente nel FinTech?
Posso dire con soddisfazione che abbiamo consolidato una leadership di mercato nell’assistenza dei gestori di portali on-line per l’investimento in equity, in strumenti finanziari di debito ed in finanziamenti peer to peer. Per questi intermediari ci occupiamo sia della parte regolatoria che della consulenza societaria e contrattuale. Peraltro si tratta di modelli di business del tutto nuovi, che ci consentono di misurarci con la definizione di soluzioni strategiche innovative sul mercato nazionale ed internazionale.
In proposito sono stato personalmente coinvolto in diversi gruppi di lavoro internazionali, che avevano l’obiettivo di mettere a fattor comune le prime esperienze FinTech e di testare le soluzioni regolatorie. In questo senso la collaborazione con le università che fanno business intelligence, come Cambridge University ed il Politecnico di Milano, è di fondamentale importanza per avere una visione lucida ed aggiornata delle evoluzioni attuali e potenziali del mercato.

Il mondo dei cryptoassets è già una concretezza per i servizi legali?
Negli ultimi due anni abbiamo notato una crescita esponenziale di progetti italiani in ambito cryptoassets; non si pensi esclusivamente alle criptovalute, che pure stanno emergendo, ma di utility token, NFT, e stablecoin; in generale la tecnologia blockchain, talvolta accompagnata da utility token, sta trovando un terreno fertile in collegamento con esigenze o iniziative industriali, sfruttando la tecnologia per garantire certezza nella supply chain a tutti i livelli e settori anche radicalmente diversi. Anche gli NFT stanno uscendo dal mondo dell’arte, nel quale hanno conosciuto una crescita straordinaria nel giro di un solo anno. Nel 2021 la Commissione, seguita a breve dal Consiglio Europeo, ha mosso passi importanti per arrivare alla regolamentazione di questo settore, e ormai molti specialisti ritengono che manchi poco all’approvazione definitiva. Nel frattempo, diversi Stati europei si sono attivati autonomamente per favorire lo sviluppo di un mercato e di aziende nazionali; in Italia abbiamo cercato, un po’ faticosamente, di tenere il passo anche tramite le associazioni di categoria e i gruppi di esperti, e proprio a febbraio è stato pubblicato un decreto attuativo che si attendeva da molto tempo, che obbliga gli exchange ad espletare funzioni di compliance informativa stringenti, oltre che alla iscrizione nel registro OAM. Il prossimo passo è l’introduzione degli strumenti obbligazionari su DLT, annunciato da Consob e Banca d’Italia nell’ambito del Libro Verde sulla competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita. In questo segmento, dunque, ci occupiamo sia della costruzione normativa, attraverso l’attività di public affairs, sia dell’assistenza legale degli operatori e degli intermediari.

Lavorando molto con le piattaforme digitali, che rilevanza ha assunto oggi il trattamento dei dati personali?
Il tema dell’adeguamento alla normativa sulla data protection impatta inevitabilmente sulla valorizzazione della gran parte delle società, specie quando i dati personali sono raccolti on-line, tramite piattaforme. Assistiamo ormai frequentemente a richieste di audit preliminari sulla privacy, il cui esito è condizione necessaria per la conclusione di un contratto e trovare una controparte non adeguata può causare la perdita di una commessa, oltre ad un ingiustificabile danno all’immagine aziendale.
L’approccio è estremamente pratico; la preliminare mappatura dei flussi dei dati è anche un’ottima occasione per svolgere verifiche incrociate su contratti e forniture in corso e consente di rivedere processi e procedure in atto, specie quando inidonee a garantire la dovuta sicurezza dei dati.

Questa analisi impatta anche sulla cybersecurity?
La cybersecurity è forse uno degli argomenti più attuali nel mondo digitale. Non dimentichiamoci che le informazioni ed i dati sono la nuova ricchezza delle società. Le informazioni circolano sempre più spesso in digitale e i documenti cartacei sono destinati a scomparire. Tutte le società dovrebbero avvalersi di professionisti dedicati a vigilare sulle misure di sicurezza digitali. Sono sempre più frequenti i casi di phishing e di ransomware che colpiscono le infrastrutture informatiche e che possono causare danni ingenti, sia diretti che indiretti, al business di una società. Inoltre, il prossimo grande tema è quello della resilienza informatica, con l’impianto del Regolamento DORA sul quale siamo intervenuti presso le autorità con diverse proposte di modifica o razionalizzazione.

Sullo sfondo di queste materie c’è sempre il societario?
Guidare il cliente nelle scelte corporate tese all’adozione delle migliori soluzioni finanziarie e quindi approntare gli strumenti più adatti al target aziendale, è forse la massima espressione della customizzazione dei nostri servizi. L’expertise maturata in questa practice è frutto di un lavoro sviluppato sul campo, negli anni, che ci ha portato a costruire solide basi, da un lato, rispetto ai processi aziendali, alla corporate governance e alle strategie societarie, dall’altro nel campo degli strumenti di finanza alternativa e tradizionale. Il trait d’union di queste due discipline è la vera anima di questo Studio. Risulta fondamentale, in ogni operazione, ordinaria o straordinaria, predisporre dei solidi schemi statutari, parasociali e gestionali in generale; occorre prevenire possibili effetti pregiudizievoli della gestione ed assicurare la composizione corretta degli organi aziendali, così da favorire l’efficace svolgimento delle dinamiche aziendali. Le regole di funzionamento della vita di un’impresa creano i presupposti del successo delle singole operazioni.

Passiamo alla vostra organizzazione interna: “AVVOCATI.NET” è un nome curioso per uno studio legale, sembra quasi evocare un network.
Lo studio è nato nei primi anni 2000 come Lerro&Partners; poi, in seguito allo sdoganamento dell’obbligo di utilizzare i nomi dei professionisti nella ditta, abbiamo pensato di adottare come nome questo dominio web che ho registrato 25 anni fa, agli albori di internet. Riteniamo che aiuti a rappresentare l’approccio digitale alla professione, il superamento degli strumenti cartacei, la costante presenza on-line mediante strumenti telematici, che noi utilizziamo da anni e che è diventata main-stream solo a causa del Covid. Poi mi piace pensare che il fondatore debba anche lasciare spazio al team, senza il quale il servizio non potrebbe raggiungere quei livelli di efficienza e profondità che desideriamo.

Essendo così tecnologici come vi approcciate al legal-tech?
Usiamo la tecnologia in modo spinto come infrastruttura, per l’archiviazione, per la ricerca, per la comunicazione. Siamo stati tra i primi ad utilizzare le firme EIDAS dove gli altri ancora “non si fidavano”. Tuttavia riteniamo che la creatività, la capacità di riflessione, il brainstorming e l’intelligenza non possano essere sostitute da macchine, almeno nel nostro settore.

Qual è la vostra politica di recruiting?
AVVOCATI.NET sta crescendo rapidamente, con professionisti di grande qualità, spesso maturate con esperienze internazionali o in grandi law firm, con una profonda voglia di costruire e anche di uscire dagli schemi e una propensione alla dinamica di boutique. Il presupposto di base è ovviamente qualitativo, poiché ci occupiamo di materie molto specialistiche nelle quali occorre una preparazione di base societaria o finanziaria solida. Tuttavia i rapporti personali sono al primo posto: la protezione della qualità dell’ambiente lavorativo per tutti noi è essenziale e viene prima di ogni altra cosa, i rapporti interpersonali sono essenziali per le dinamiche collaborative che caratterizzano tutte le nostre giornate.
Guardiamo prevalentemente a collaboratori in grado di cogliere le nuove sfide e con uno spiccato interesse per le nuove tematiche. Periodicamente inseriamo anche giovani leve che abbiano manifestato interesse per la nostra attività, ma è piuttosto difficile farli crescere in materie così specialistiche come quelle che trattiamo. Quando valutiamo i presupposti per un percorso di crescita, guardiamo prima di tutto alle soft skills e cerchiamo di identificare i giovani colleghi con le migliori caratteristiche personali e voglia di crescere, per avviarli alla professione.

Le vostre linee di sviluppo vedono settori nuovi?
Stiamo guardando con attenzione al mondo delle quotazioni per due ragioni. La prima è che stiamo contribuendo fattivamente sul fronte public affairs ai lavori di consultazione che stanno conducendo ad una semplificazione delle IPO in una logica di competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita; riteniamo che nei prossimi mesi ci sarà un significativo incremento delle quotazioni di PMI, soprattutto con caratteristiche marcatamente tecnologiche. La seconda ragione è che abbiamo un’importante pipeline di PMI, che nei prossimi anni saranno protagoniste dei mercati pubblici, nel FinTech, nel digitale, nell’energia ed in settori impact.
Inoltre, stiamo lavorando con associazioni di categoria e autorità di settore per perseguire soluzioni che facilitino l’accesso degli investitori retail all’investimento in capitale di rischio e di debito delle PMI, sostenendo l’economia reale e facilitando lo sfruttamento di opportunità che ad oggi sono state riservate solo ad investitori professionali.
Infine, il mondo dei cryptoassets sta conoscendo uno sviluppo rapido e importante anche nel nostro Paese, e, in attesa dei regolamenti MiCA e Pilot Regime, stiamo prestando sempre più assistenza a nuovi progetti in questi settori, che richiedono e richiederanno obblighi di compliance di una certa complessità, con prospettive di crescita importanti.

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