Così gli studi d’affari scelgono le nuove leve

L’innovazione tecnologica spinge le law firm a inserire nelle loro strutture giovani preparati in grado di affrontare un mercato in forte e continua evoluzione. Tra le richieste, laurea a pieni voti ed esperienza Erasmus. Ma anche…

Il rinnovamento generazionale è una priorità per i grandi studi d’affari. Che in buona parte continuano a far leva sul prestigio, le competenze e il network dei soci storici, ma al contempo hanno la necessità di inserire nuove leve per crescere e fare i conti con un mercato in continua evoluzione,
[auth href=”https://www.lefonti.legal/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
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«Rispetto a dieci-quindici anni fa, la professione di avvocato negli studi legali italiani e internazionali specializzati in diritto societario e finanziario è diventata più difficile, soprattutto in termini di possibilità per i giovani professionisti di fare carriera», riflette Giovanni Sandicchi, partner dello studio Latham & Watkins. «La selezione ora è molto più dura e solo i più motivati e determinati hanno possibilità di farcela».
Generalmente i neolaureati hanno bisogno di un periodo di adattamento per passare dalla teoria al lavoro pratico, dato che il percorso accademico in Italia ha un carattere fortemente teorico. È questa la convinzione diffusa tra gli studi d’affari, anche se Sandicchi invita a evitare le generalizzazioni: «Ci sono atenei, non necessariamente i migliori in senso assoluto, che preparano meglio gli studenti alla professione (per lo meno in studi specializzati come il nostro), come ad esempio la Bocconi a Milano o la Luiss a Roma, che offrono anche interessanti stage curriculari».
Il suggerimento dell’avvocato è di approfondire quanto più possibile durante il percorso accademico la conoscenza della lingua inglese, «assolutamente fondamentale fin dall’inizio della propria carriera in studio. Consiglierei», aggiunge, «anche di fare dei master post-laurea all’estero (in particolare negli Stati Uniti o in Inghilterra) ma solo dopo almeno un biennio di pratica».
In Latham la tendenza è a limitare il turnover. «La selezione dei candidati si basa principalmente sui risultati conseguiti nel corso della carriera accademica, a cui si aggiunge una particolare attenzione su eventuali esperienze fatte all’estero e sulla conoscenza della lingua inglese», aggiunge.
Nuovi ingressi ogni anno. Pavia e Ansaldo è costantemente impegnato nel recruitment di giovani professionisti. «I nuovi inserimenti rappresentano sempre una grande opportunità, ma comportano anche un investimento e un’assunzione di responsabilità rilevanti in termini organizzativi e di formazione» riflette Nico Moravia, membro del comitato recruitment dello Studio Pavia e Ansaldo. Le selezioni avvengono con la partecipazione a job fair organizzati da Università pubbliche e private a Roma e a Milano, ma é sempre aperto a valutare studenti che provengono da tutti i piú prestigiosi atenei. «Abbiamo una vocazione multidisciplinare e, pertanto, nell’attività di recruitment, non valutiamo come privilegiate alcune materie di laurea rispetto ad altre», spiega. Anche se poi precisa che l’interesse maggiore è verso i laureati che hanno seguito corsi di studi giuridici che includono materie economiche e assegnano rilievo al diritto comunitario ed internazionale. «La laurea in giurisprudenza con un’alta votazione è condizione necessaria, ma certo non sufficiente per superare la selezione d’ingresso», sottolinea. «Ad esempio, la padronanza dell’inglese è considerata un requisito fondamentale. La conoscenza di ulteriori lingue straniere rappresenta sempre una nota di merito». Per questo, vengono fatti specifici test sulla conoscenza delle lingue straniere e hanno una corsia preferenziale quegli studenti che hanno fatto un’esperienza Erasmus durante il corso di studi oppure hanno seguito un qualificato master all’estero dopo la laurea.
Competenze e valori. Fabrizio Acerbis, managing partner di PwC Tax and Legal Services, indica i due criteri selettivi: «Le nostre tecniche di selezione hanno come matrice di base la correlazione tra i nostri valori aziendali e le competenze comportamentali. È importantissimo riconoscere e selezionare i professionisti a lungo termine in grado di portare valore non solo per le loro competenze tecniche ma soprattutto per il loro saper essere». Quello che viene ricercato durante i colloqui è la curiosità intellettuale e la capacità di lavorare in gruppo, dove ciascuno porta esperienza e competenza spesso eterogenee tra di loro. Detto questo, Acerbis ricorda che «la maggior parte dei colleghi del dipartimento deal proviene da un nucleo piuttosto ristretto di università e ha una conoscenza avanzata della lingua inglese, spesso maturata attraverso soggiorni all’estero durante il percorso di studi. In linea generale», conclude, «non abbiamo comunque rigide preclusioni».
Percorsi alternativi. Dante De Benedetti di Mdba ha una visione fuori dal coro: «Non sono convinto che il percorso di formazione migliore per lavorare in uno studio legale d’affari sia quello più tradizionale», sottolinea. «Oggi la maggioranza degli studi legali d’affari scarta il 95% dei curricula che non presentano una votazione di laurea con la lode, un master in Usa e la capacità di parlare tre lingue, se non anche ulteriori esperienze post universitarie a livello comunitario. Penso, piuttosto, che per diventare avvocato d’affari il percorso migliore debba vedere affiancate la crescita della cultura giuridica e la conoscenza del mondo». 
Da qui il suggerimento di fare un’esperienza lavorativa in azienda, «non nella direzione legale, ma a stretto contatto con l’imprenditore, per capire come un’azienda viene gestita e quali siano le problematiche sulle quali davvero gli imprenditori si appuntano quando iniziano a concepire un’operazione societaria». Si tratta di esperienze e competenze che non si imparano sui libri o nei percorsi formativi classici. «Questo tipo di approccio consente di essere indipendenti», rimarca De Benedetti, «di sviluppare una cultura personale che non sia solo giuridica, per avere gli occhi aperti sul mondo, per conoscere prima ‘gli affari’ e poi il diritto». 

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