Come vendere (bene) le eccellenze italiane

Dalla cessione di Pirelli e del Milan ai cinesi alle operazioni Stroili Oro e Moncler. Chiomenti è lo studio legale che ha intercettato i più grossi deal cross border degli ultimi anni. Il managing partner Filippo Modulo svela a Legal il ruolo chiave dei team multidisciplinari e integrati nel guidare il cliente straniero nel dedalo del diritto italiano.

Stati Uniti, Cina, Europa: è da dove provengono i flussi delle maggiori operazioni cross border verso l’Italia. Nel mirino dei fondi americani target di qualità, dal food alla tecnologia. Dai cinesi, maxi investimenti nei settori più svariati, dal calcio all’immobiliare, e operazioni più piccole verso industria e tecnologia.
[auth href=”https://www.lefonti.legal/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Francia, Germania e Spagna puntano invece i grandi gruppi italiani per unire le forze nelle attuali difficoltà dei mercati.
Decisivo, in ogni operazione cross border, il ruolo dello studio legale: per arrivare ai deal più importanti, servono infatti team di avvocati multidisciplinari e “multiculturali”, in grado di relazionarsi con la parte straniera, spiegando passo dopo passo gli sviluppi dell’operazione, le procedure e gli step regolamentari e autorizzativi da affrontare. L’operazione cross border si sviluppa infatti con un operatore industriale che vede un’opportunità, che deve però incontrare l’interesse della controparte in termini di disponibilità a cedere o acquistare. Una volta stabilito, dopo una prima fase di valutazioni di carattere industriale ed economico, che il deal, per gli operatori, ha una valenza e una utilità industriale e finanziaria, con valori ritenuti adeguati per portare il dialogo a una fase successiva, l’avvocato ricopre un ruolo prioritario. Il successo del deal passa poi dalla due diligence aziendale, ossia dall’analisi dei contratti, dei rapporti con il personale ed eventualmente con le autorità vigilanti.
A svelare a Legal gli ingredienti necessari, dal punto di vista legale, per accompagnare il cliente italiano o straniero nel corso di operazioni di m&a tra realtà italiane e investitori stranieri è lo studio Chiomenti, che ha intercettato i più grossi deal cross border degli ultimi anni: assistendo, tra gli altri, Fininvest nella cessione del Milan ai cinesi, Camfin nel deal Pirelli, Stroili Oro nella cessione a Thom. È Filippo Modulo, managing partner dello studio, a illustrare da dove provengono i principali flussi di investimenti stranieri in Italia, verso quali settori e il ruolo che ricopre l’avvocato nella buona riuscita dell’operazione.

Partiamo da un’analisi dei flussi di investimento verso l’Italia. Da quali Paesi arrivano principalmente e verso quali settori si indirizzano?
L’interesse degli investitori stranieri verso l’Italia è molto alto ormai da qualche anno. È ripreso nel 2014, diventando via via più intenso, e non si sta fermando in questo primo semestre del 2017. Vi sono sia clienti stranieri che chiedono assistenza in acquisizioni per operazioni straordinarie verso l’Italia, sia clienti italiani che chiedono di essere assistiti in presenza di un operatore straniero con cui negoziare una potenziale operazione di m&a. Per quanto riguarda i Paesi più interessati all’Italia, i flussi sono essenzialmente tre: un primo proveniente dagli Stati Uniti, con una attenzione molto forte da parte di società e soprattutto fondi americani. Gli investitori sono interessati a target di qualità sia per quanto riguarda il prodotto, sia in termini di capacità imprenditoriali e manageriali. Esiste una grande attenzione all’estero per ciò che è italiano, dove permane infatti una percezione di qualità del prodotto italiano aldilà del settore: dal food alla moda, alla tecnologia, sono infatti diverse le aree che hanno appeal nei confronti degli investitori esteri, a prezzi divenuti nel tempo interessanti. Un altro flusso di interesse importante proviene dall’Asia, e in particolare dalla Cina, da dove il numero di operazioni è in forte crescita. Come studio, abbiamo la possibilità di intercettarlo grazie al nostro osservatorio privilegiato in Cina: possiamo contare infatti su tre sedi e il 18 maggio scorso abbiamo festeggiato i dieci anni di apertura a Pechino. Abbiamo quindi una particolare capacità di interlocuzione con controparti o clienti cinesi, grazie a team di avvocati sia in Cina sia in Italia che parlano cinese e sono in grado di gestire la fase negoziale di un’operazione. Da sottolineare, tra l’altro, che i settori di interesse, per i cinesi, sono molti: dalla grande industria al calcio, all’immobiliare per citare alcune tra le aree più rilevanti dove abbiamo potuto lavorare. Ci sono poi una serie di deal più piccoli in settori come la tecnologia. Infine, il terzo flusso di investimenti che rileviamo è tipicamente europeo. Ultimamente, si sono rafforzati gli investimenti tra la Francia e l’Italia, oltre all’interesse della Germania sempre vivo. Si tratta, in generale, di un flusso di tipo diverso. Dall’America arrivano infatti prevalentemente fondi in Italia, mentre le operazioni europee sono di carattere industriale, con grandi gruppi italiani ed europei che uniscono le forze in un momento complesso per il mercato. Non vediamo ancora, invece, ma arriveranno, flussi di operazioni concrete dall’Africa, mentre dal Medio Oriente abbiamo visto importanti investimenti nella moda e nel real estate.

Qual è il ruolo dell’avvocato nelle operazioni cross border? Quali sono le maggiori criticità da affrontare?
Il ruolo degli avvocati nelle operazioni cross border è fondamentale. Aiutano infatti a costruire un quadro di riferimento quanto più certo possibile rispetto a un’operazione di carattere industriale, commerciale o finanziaria. Lo studio legale deve infatti accompagnare il cliente al completamento del percorso che lo porterà alla chiusura dell’operazione: il che significa chiarire come si completa il deal, quali procedure prendere in considerazione in termini di normativa applicabile e autorizzazioni da ottenere, dato che spesso si tratta di operazioni complesse in settori regolamentati. Ci sono poi una serie di attività di analisi della società target, oggetto o obiettivo di acquisizione, che impongono di verificare nel dettaglio se la società in questione operi in linea con le regole applicabili per il mercato di riferimento, se rispetto alle attività esercitate ci siano determinati rischi non ben identificati o identificati ma non esplicitati. Si tratta della classica attività di due diligence, con l’analisi dei contratti, dei rapporti con il personale, la parte fiscale, contrattuale, i rapporti con le autorità se si tratta di soggetti vigilati. Questa analisi è necessaria per rappresentare al cliente se, rispetto ai numeri esaminati, ci siano rischi particolari che debbano essere pesati nella definizione dell’operazione: significa che possono avere incidenza nella valutazione del prezzo o nella valutazione delle garanzie.

Quali dipartimenti vengono coinvolti di volta in volta nelle operazioni cross border? Come si compone in linea di massima il team di avvocati che segue il deal?

I team coinvolti nelle operazioni cross-border sono sempre più multidisciplinari e integrati. La presenza di una parte straniera, aggiunge peraltro complessità al deal dal punto di vista culturale, con la necessità di saper confrontare le abitudini e le condizioni di mercato vigenti in quel determinato paese. A queste complessità si aggiunge poi quella tipica del settore oggetto dell’operazione, soprattutto se riguarda settori regolamentati o in presenza di autorità che aggiungono regole in termini di vigilanza e prescrizioni. Questo per dire che l’avvocato esperto di m&a deve sempre avere al suo fianco altri soci con i rispettivi team che siano esperti del settore. Se seguo una operazione di integrazione assicurativo-bancaria cross border devo avere al mio fianco dal primo all’ultimo giorno il team esperto di assicurazioni e di regolatorio. Se poi le aziende sono quotate è necessario tenere conto delle regole informative da rispettare e della discplina applicabile alle società quotate. In un’operazione cross border, inoltre, è cruciale l’attività dei lavoristi, che analizzino nel dettaglio l’assetto delle relazioni lavoristiche e sindacali. O ancora, se siamo di fronte a una operazione in contesto di difficoltà e di ristrutturazione, è necessaria la conoscenza del diritto fallimentare. C’è poi la componente fiscale, che è altrettanto decisiva in una operazione cross border: è necessario comprendere come strutturare l’operazione, a che tipo di fiscalità è soggetto il venditore, se la società target ha rispettato le normative fiscali per evitare che dopo anni emergano problematiche perché l’operazione non è stata costruita in modo corretto. Insomma, l’analisi che svolge il team di avvocati impatta nel cuore dell’operazione e questo vale per ogni settore. Perciò, è necessario che l’attività sia svolta da team integrati di avvocati che abbiano sia la conoscenza sia la capacità di interpretare e seguire l’operazione dal primo passo. In sostanza, è fondamentale avere un team con professionalità diverse che riescano a coniugare la specializzazione applicata all’operazione straordinaria. Lo specialista deve prevedere in anticipo cosa si può e cosa non si può fare e deve saperlo poi spiegare all’interlocutore americano o cinese, con una cultura diversa dalle nostre.

A suo avviso la normativa italiana incentiva gli investimenti dall’estero? In che modo è possibile intervenire per facilitare queste operazioni?

Ho rilevato una attenzione particolare degli ultimi governi rispetto alla variabile normativa quale fattore di attrazione o freno rispetto agli investimenti dall’estero. Già da qualche anno, sono state attivate azioni e riforme che hanno come obiettivo quello di rispondere a determinati temi evidenziati dagli investitori esteri. Si tratta di percorsi molto complessi, ma la direzione sembra quella giusta. Tanti anni fa ci fu un tema molto rilevante da questo punto di vista, perché nel settore delle energie rinnovabili fu modificata retroattivamente una norma sugli incentivi fiscali, con gli investitori che si ritrovarono con una disciplina diversa rispetto a quanto previsto. Da quel momento, c’è stata grande attenzione a fare riforme che non agissero sul passato. L’investitore straniero, infatti, vuole assolutamente rispettare le regole, ma anche averle ben chiare, e comprende con difficoltà una norma che cambia in modo retroattivo. L’altro elemento che negli ultimi anni è stato preso di mira dal governo è quello dei tempi della giustizia italiana. Oggi, guardando le statistiche del ministero della Giustizia, abbiamo risultati nettamente migliori rispetto al passato. Si è cercato di individuare delle sezioni specializzate nei tribunali per materia, con organi giudicanti più dedicati. Oggi, i tempi di risoluzione delle controversie di diversi tribunali sono coerenti con le aspettative dell’investitore internazionale. Anzi, spesso le tempistiche sono migliori degli arbitrati, strumento alternativo che ha costi molto elevati a fronte di tempistiche brevi non sempre rispettate. La speranza è che questo percorso di efficientamento continui, ma l’atteggiamento mi sembra positivo e si stanno vedendo i primi risultati.

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