Stop agli interventi emergenziali, in materia di lavoro servono riforme

Una lenta e inesorabile rivoluzione. Sembra la strada tracciata per il mercato del lavoro, che ha sulle spalle un anno e passa di crisi economica globale i cui effetti, però, non si sono ancora dispiegati nella loro interezza.

Insomma, la percezione, da parte degli analisti, è che “il peggio debba ancora arrivare”. E in questo senso la normativa attuale non aiuta. Anzi. Si è rivelata e si rivelerà totalmente inefficace nella gestione dell’emergenza sociale che verrà amplificata allo scadere del blocco licenziamenti. Cosa serve dunque? Un cambio di passo. E in questo senso il nuovo governo Draghi e il neo ministro Andrea
Orlando possono rappresentare una speranza. La road map, però, non può che passare dal superamento del decreto Dignità, che costituisce un blocco all’utilizzo dei contratti a termine (ben 400 mila non sono stati rinnovati nel periodo emergenziale), dal ripensamento delle politiche attive e passive. Ne sono convinti gli avvocati giuslavoristi sentiti da Le Fonti Legal, che ha dedicato un ampio approfondimento sentendo i professionisti più attivi nel settore labour. Per intercettare da un lato gli effetti degli interventi emergenziali dispiegati dal governo Conte in piena Pandemia, dall’altro per dettare l’agenda al ministro Orlando sui prossimi prioritari interventi in materia di lavoro che devono tutelare da un lato le imprese che in questo momento non possono prescindere dalla parola flessibilità, in ottica riorganizzativa e di rilancio per lo sviluppo. Dall’altro, bisognerà far fronte all’esplosione di una nuova emergenza sociale quando verrà meno il blocco dei licenziamenti, fissato dal decreto Sostegni a fine giugno per le aziende industriali e a fine ottobre per tutte le altre.
Dagli interventi raccolti da Le Fonti Legal emerge inequivocabile l’orientamento degli esperti rispetto alla inadeguatezza (se non controproduttività) degli interventi emergenziali. In particolare, per quanto riguarda il blocco dei licenziamenti, secondo i giuslavoristi non solo non ha garantito una efficace tutela dei posti di lavoro, ma con tutta probabilità produrrà l’effetto contrario. Perché ha di fatto impedito alle imprese di riorganizzarsi in modo appunto flessibile, adattandosi alle nuove esigenze del mercato, e costringendole quindi a subire maggiormente i contraccolpi della crisi. Di conseguenza, alla fine del blocco potrebbe essere necessario, paradossalmente, un maggior numero di licenziamenti. Blocco licenziamenti che, tra l’altro, rappresenta quasi un unicum a livello europeo e, in questo senso, gli esperti richiamano la recente sentenza del Tribunale del lavoro di Barcellona, che ha disapplicato la normativa emergenziale spagnola che vieta alle aziende di procedere a licenziamenti per motivi oggettivi riconducibili solo alla crisi economica derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, fino al 31 maggio 2021.
Secondo il giudice spagnolo, e qui sta il punto, le decisioni imprenditoriali adottate per garantire la sopravvivenza dell’attività aziendale devono ritenersi legittime in quanto il divieto dei licenziamenti è in contrasto con il Trattato sull’Unione europea, laddove prevede che “l’Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato (…) su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale”.
Per quanto riguarda gli strumenti che dovrebbe mette in atto il governo per arginare l’ondata di licenziamenti e quindi la crisi sociale, secondo gli avvocati sentiti da Le Fonti Legal non si può prescindere da un sistema efficace di politiche attive del lavoro che garantisca una pronta ricollocazione ai lavoratori che verranno espulsi dal mercato del lavoro. In questo senso, può risultare utile una maggiore collaborazione pubblico-privato, per evitare i grandi sprechi del passato. Infine, risulta ormai indispensabile la riforma degli ammortizzatori sociali, cui sta lavorando il ministro Orlando e che potrebbe vedere la luce all’interno di un Testo Unico. Secondo gli esperti, infatti, oggi la normativa è particolarmente frastagliata e di difficile applicazione. Per non parlare di una riforma a tutto tondo della legge sul lavoro agile, ancora ferma al 2017.
Insomma, in una sola frase, è tempo di mettere la parola fine agli interventi di natura emergenziale, che non hanno alcuna vision di lungo periodo ma servono solo per rinviare o mettere in freezer il problema. È necessaria una riforma strutturale del mercato del lavoro, adeguata ai nuovi tempi.

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