Legge delega per la riforma fiscale ed impatto sul sistema sanzionatorio penale

L'Avvocato Cristina Caraccioli fa una riflessione sulla legge delega per la riforma fiscale e l'impatto sul sistema sanzionatorio penale.

A cura di Avv. Cristina Caraccioli – Caraccioli Avvocati Studio Legale

Finora tra il procedimento di accertamento dei tributi ed il processo penale vi è stata una netta separazione stante la vigenza dell’art. 20 D. Lgs. n. 74/00 per il quale “il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”, con previsione, dunque, del “principio del doppio binario” e relativa autonomia fra i due processi.

Tuttavia, da tempo non sono mancate sollecitazioni per un progressivo superamento del predetto principio, o quanto meno tentativi di assottigliare la distanza tra i due procedimenti attraverso l’affermazione di un vincolo in capo al giudice tributario agli esiti di un processo penale ove i fatti presi esplicitamente in esame nelle due sedi siano i medesimi (cfr. Cass., sentenza 2021 n. 25632).

In linea con tale orientamento si è posta la Legge Delega per la riforma fiscale (L. 9.8.23, n. 111, pubb. in G.U. n. 189 del 14.8.23), che ha demandato al Governo una ampia revisione del sistema tributario contenendo, altresì, una serie di previsioni che concernono il versante penale.

Il perno della riforma del sistema sanzionatorio in materia tributaria e penale è rappresentato dall’art. 20 della citata legge delega (“Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale”) che prevede una maggiore razionalizzazione ed integrazione dei due sistemi sanzionatori, con l’obiettivo di un completo adeguamento al principio del ne bis in idem.

Nella prima sezione dell’articolo menzionato, vengono delineati i predetti principi e i criteri guida relativi agli aspetti condivisi tra sanzioni amministrative e penali. Le sezioni due e tre trattano, rispettivamente, delle sanzioni penali e di quelle amministrative.

In primis si dispone che nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale faranno stato nel processo tributario quanto all’accertamento dei fatti medesimi con sostanziale superamento dell’orientamento giurisprudenziale che, oggi, rende inapplicabile l’art. 654 c.p.p. in materia tributaria.

L’efficacia di questo superamento, in concreto, concerne i limiti probatori dei diversi criteri valutativi dei due regimi.

Tuttavia, rimangono esclusi dal fare stato nel processo tributario le notizie di reato che sfociano in una richiesta e relativo decreto di archiviazione nonché altresì la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup poiché trattasi di fasi processuali diverse e precedenti ad una pronuncia dibattimentale assolutoria, che si raggiunge una volta esperita la relativa istruttoria in giudizio ordinario, la quale deve divenire irrevocabile ai fini del riconoscimento di giudicato automatico nel contenzioso tributario.

Certamente sarebbe auspicabile rafforzare la valenza probatoria nel giudizio tributario di tali indicati provvedimenti quanto meno qualora il decreto di archiviazione o la sentenza di non luogo a procedere contengano un’estesa e motivata valutazione circa l’insussistenza del fatto o l’inesistenza di un collegamento causale fra il fatto ed il comportamento del contribuente.

L’obiettivo perseguito dalla riforma non è solo quello di una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ma altresì la previsione di un regime premiale, sul piano delle sanzioni, per le imprese che adottino un adeguato sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.

Pertanto è adottata una particolare attenzione alla condotta collaborativa del contribuente, che ha preso forma con la pubblicazione del decreto legislativo del 30 dicembre 2023 n. 221 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024 concernente il rivisitato regime di adempimento collaborativo con previsione, sotto il profilo penale, al ricorrere di specifici presupposti, della esclusione della punibilità per la contestazione del reato di dichiarazione infedele ex art. 4 D. Lgs. n. 74/00, qualora la condotta riguardi rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi, comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle Entrate tramite interpello, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o prima del decorso delle relative scadenze fiscali.

Viene, altresì, ad essere attribuita specifica rilevanza all’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo qualora ciò non dipenda da fatti imputabili al soggetto interessato dall’inadempimento, con valorizzazione di tale condotta mediante la possibilità di prevedere una causa di non punibilità e/o maggiori circostanze attenuanti, nonché con specifico rilievo alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.

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