Diritto di famiglia, le novità sul dovere di mantenimento

Argomento della nuova puntata di Doppio Binario è stato: diritto di famiglia, dovere di mantenimento dei figli e del coniuge separato, divorziato. Se ne è parlato con l’avvocato Ilaria Capuzzi, Partner dello Studio Legale Lombardo e con l’avvocato Stefano Grolla, Founder dello Studio Legale Grolla.

Dovere di mantenimento uno degli aspetti più delicati su cui le parti devono mettersi d’accordo. Il legislatore italiano sotto questo punto di vista cosa dice?
Ilaria Capuzzi. Il dovere di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli è sancito in primis dalla nostra costituzione che all’articolo 30 espressamente stabilisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio, non che dagli articoli 147 del codice civile che impone ad ambedue i genitori di mantenere istruire ed educare la prole tenendo conto ovviamente delle inclinazioni delle aspirazioni dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo ovviamente le loro capacità di lavoro professionale e casalingo. Ovvio è che in costanza di matrimonio, il mantenimento dei figli non è sottoposto a regole stringenti, in quanto è rimesso alla rispettiva possibilità dei genitori.
Ovviamente tutto cambia quando la coppia entra in crisi e quindi con decidono di separarsi e divorziare.
In questo caso spetta al giudice adottare tutti quei provvedimenti che vadano in qualche modo a tutelare i loro interessi morali e materiali.
Il giudice infatti deve fare in modo che il minore non subiscano troppo gli effetti della separazione o di divorzio, garantendo loro la conservazione delle medesime abitudini di vita e nello stile di vita. La modalità tradizionalmente adottate per garantire tali diritti nei confronti dei figli minori quanto nei confronti dei figli maggiorenne rappresentava tradizionalmente dall’assegno appunto può essere decisa dal giudice con dalle parti d’accordo tra di loro.
L’assegno di mantenimento generalmente viene corrisposto al coniuge collocatario nell’ipotesi di figli minorenni nonché al coniuge convivente nell’ipotesi di figli maggiorenni, salvo che il figlio maggiorenne ne faccia richiesta di assegnazione diretta. Nella determinazione dell’assegno di mantenimento ovviamente il giudice dovrà tener conto anche dell’eventuale assegnazione della casa familiare e il mantenimento includere tutte quelle spese ordinarie e quindi la vita quotidiana quali ad esempio tutto l’abbigliamento ma include anche le spese straordinarie e il giudice nella determinazione della misura dell’assegno di mantenimento deve tener conto di una serie di garanti, primo fra tutti le attuali esigenze di vita del figlio nonché il tempo trascorso da ciascun genitore con alcuni figli e quindi anche compiti di aiuto, di cura domestica, assolti da ciascun genitore e ovviamente le rispettive risorse economiche di entrambi i coniugi.
Altresì deve tener conto del tenore di vita tenuto da costui dai figli in costanza di matrimonio. Con la legge del 2006 che ha introdotto l’affidamento condiviso dei figli, entrambi i genitori al fine di rafforzare il cosiddetto principio alla bi genitorialità e che deve essere scelto dalla maggior parte dei giudici, salvo che non sussistano delle condizioni di non idoneità genitoriale, non escludere l’affidamento condiviso e quindi scegliere la strada nell’affido esclusivo ovviamente con questa riforma non è meno logico di corresponsione dell’assegno di mantenimento che deve sempre essere parametrato tenendo conto delle esigenze di vita dei figli e del contesto sociale appunto il familiare cui appartengono. Un ulteriore e importante riforma che è intervenuta in materia, è quella che è avvenuta con il decreto legislativo 154 del 2013, che ha peraltro ribadito l’obbligo di mantenere i figli e un particolare riferimento ai figli maggiorenni. Si è prevista la possibilità per il giudice, valutando ovviamente le circostanze, caso per caso, di disporre a favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, di pagamento di un assegno periodico ed in tal caso il figlio può fare addirittura richiesta diretta del mantenimento.

Quali sono i requisiti, le criticità in questa direzione?
Stefano Grolla. Tema caldissimo e attuale, in emergenza sanitaria e legislazione di emergenza. Tutti noi da marzo di quest’anno continuiamo a sentire parlare di questi DPCM del presidente del consiglio dei ministri, la cui portata e criticità sta creando notevoli problemi anche da un punto di vista di conflitto costituzionale ma noi, e parlo in questo momento non come avvocato ma come povero cittadino, siamo così lenti a conoscenza e abbiamo subito queste imposizioni di strati di emergenza in modo diretto e costante in questi mesi perché prima si susseguivano di settimane settimana poi di 15 giorni 15 giorni poi di mesi adesso siamo arrivati addirittura a 50 giorni di vigenza del DPCM, ma non parliamo di conflitto costituzionale in questa trasmissione ma parliamo che cosa questi DPCM vanno a regolamentare rispetto al diritto di famiglia.
In realtà nulla e vi dirò purtroppo una cosa, che non è così piacevole per i separati sé e per sé non più conviventi perché parliamo non solo di matrimoni che non ci sono più, quindi sono falliti ma anche di convivenze che sono venute meno e quindi parliamo di due mondi che purtroppo hanno tutele anche un pò diverse. Tutele di serie a e di serie b poi lo vedremo successivamente. Il tema che ci interessa affrontare oggi è quello di comprendere e anche lo vedremo nelle festività natalizie la problematica, se effettivamente un padre una madre separata possono andare o potevano andare in un comune dove il figlio aveva la residenza diversa dalla propria e magari dal figlio che aveva la prevalenza di residenza presso il padre o la madre. Questi DPCM purtroppo non dicevano nulla.
Tutti si sono scervellati a dare interpretazioni finché il Governo con una nota, con le famose faq, hanno evidenziato che il genitore che non poteva e voleva andare a vedere il figlio con un’autocertificazione, col provvedimento del tribunale territoriale di affido del minore poteva andare a trovare il proprio figlio, ma sono intervenuti i tribunali territoriali perché abbiamo due grandi macro sentenze sempre di merito quindi non della suprema corte di cassazione ma i tribunali territoriali. Ricordo un tribunale di Bari e un tribunale di Terni che marzo avevano stabilito che nel caso di specie un padre per ragioni sanitarie, non poteva non vedere il figlio ma favorivano le videoconferenze, chat. Mentre a marzo il tribunale di Milano contrario cioè aveva evidenziato che il genitore non collocatario aveva il diritto sacrosanto anche durante il Covid, durante il lockdown poteva vedere il figlio secondo quello che era stabilito dal provvedimento giudiziario.
La tematica per tutto, per sé molto complessa, i DPCM su questo non dicono niente, per Natale non dicono niente.
Il buon senso in questi casi dovrebbe prevalere ma non prevale quindi alla fine l’ultima parola rimane sempre ai tribunali sempre ai giudici che però difficilmente possono intervenire in maniera ficcante e urgente perché per fare un ricorso almeno un mese un mese e mezzo ci vuole.

Quali sono le differenze, visto che prima ne avevamo parlato, tra figli minorenni e i maggiorenni?
Ilaria Capuzzi. Sicuramente sino al raggiungimento della maggiore età su un obbligo per ambiti dei figli minorenni in proporzione ovviamente alle proprie rispettive risorse economiche. Il problema invece che è stato affrontato a più riprese dalla giurisprudenza sia di legittimità che di merito, attiene proprio il persistere di un tale obbligo in capo ai genitori, una volta che i figli abbiano raggiunto la maggiore età. Quello del mantenimento dei figli maggiorenni infatti è un tema di pregnante attualità perché ha delle implicazioni notevoli sul piano pratico ed è un tema che continua a tenere impegnate le corti che di volta in volta sono appunto chiamati a stabilire quali siano le condizioni di un audio compressi e trova il proprio fondamento in un preciso quadro normativo ma che è evidente non possa essere protratto in eterno.
Logico di mantenimento infatti di figli maggiorenni che è stato rafforzato come abbiamo già detto, con il decreto dapprima con la Legge 54/2006, poi con il decreto legislativo 154/2013 che ha introdotto appunto la possibilità per il giudice, valutate ovviamente le circostanze, di disporre a favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, di pagamento in assegno periodico. Non si tratta però di un obbligo che può essere protratto all’infinito, ma diciamo dall’adunata potere, in quanto va valutato caso per caso, anche tale da ricomprendere sia le spese ordinarie che le spese straordinarie che deve essere parametrata tutta una serie di criteri, quali il tempo trascorso con ciascun genitore, quali esigenze di vita del figlio, nonché il tenore di vita voluto dai figli durante la convivenza con i genitori.
La giurisprudenza stessa ha sancito le attuali esigenze del figlio mutano con il semplice trascorrere del tempo e pertanto giustifica un adeguamento automatico dell’assegno stesso senza specifico bisogno di apposita dimostrazione. In ordine invece al quanto dell’assegno di mantenimento
la cassazione a più riprese ha stabilito che l’assegno di mantenimento debba essere adeguato soltanto la differenza di reddito percepita da ciascun genitore ma anche al reddito eventualmente percepito dal figlio come corrispettivo dell’attività professionale svolta aumentando o diminuendo in base al grado di autonomia. Se il raggiungimento della maggiore età di figli non rappresenta uno spartiacque per l’udito dei genitori di contribuire al loro mantenimento, d’altro canto non si può pensare che si tratta di un obbligo che possa essere protratto all’infinito in quanto è comunque soggetto a quel parametro in generale rappresentato dal raggiungimento di una indipendenza. Infatti la giurisprudenza il problema che si è posto più volte è proprio quello di stabilire i limiti del concetto di indipendenza di un figlio maggiorenne in quanto più volte è stato ribadito che non qualsiasi impiego o reddito ad esempio un lavoro precario facciano venir meno l’obbligo del mantenimento, ma comunque potrebbe essere necessario e sufficiente il reperimento di un lavoro comunque stabile essendo sufficiente un reddito o comunque in possesso di un patrimonio tali da garantire una autosufficienza economica.
Pacifico però che affinché venga meno l’obbligo del mantenimento lo status di indipendenza economica del figlio può considerarsi raggiunto soltanto in presenza di un impiego tale da consentire un reddito corrispondente alla sua professionalità e un’appropriata collocazione di un cotesto sociale economico di riferimento adeguato alle sue attitudini e alle sue aspirazioni.

L’inquadramento di famiglia allargate decretata tra i divieti previsti da questa normativa emergenziale.
Stefano Grolla. Posso dire che abbiamo assistito negli ultimi dieci anni per quel che riguarda il diritto di famiglia, a una rivoluzione concettuale, una rivoluzione concettuale del diritto di famiglia che va verso a un quesito che ci poniamo anche noi avvocati che trattiamo la materia e andiamo più verso un concetto di disgregazione della famiglia o verso un concetto moderno di famiglia allargata.
Questo è il tema che diciamo così pregnante in tutte le discussioni tra sia avvocato, tra avvocati che anche avvocato e cliente anche e soprattutto con i giudici. Questa evoluzione concettuale, che ripeto si è manifestata soprattutto nell’ultimo decennio, potrei dire con interventi non tanto legislativi più con interpretazioni giurisprudenziali e con arresti giurisprudenziali soprattutto della suprema corte di cassazione che come ben sappiamo in Italia non non c’è come gli Stati Uniti, quindi non crea un precedente di tipo legislativo ma questi orientamenti sicuramente vanno a influenzare i giudici territoriali e poi di fatto le vite di tutti i soggetti che si trovano in una fase critica di separazione. Chiaramente se andate verso una tutela in questi ultimi anni anche dei figli nati fuori dal matrimonio proprio per non avere come si diceva prima, una tutela dei figli di serie a e quelli di serie b e quindi e diciamo il trattamento sull’affido del minore anche per le coppie conviventi e non sposate, si è andato nel tempo sempre più verso una tutela paritaria rispetto ai figli nati nel matrimonio anche se devo evidenziare che nel tempo e in maniera esponenziale sono aumentate le coppie di fatto che hanno avuto figli e che quindi nello stesso tempo, si è provato alla necessità di creare un nuovo filone del diritto di affido del minore fuori dal matrimonio.
Prima la competenza dei tribunali minori negli ultimi anni è stato portarla ai canali territoriali.
Questo ha permesso ai singoli soggetti di adire i tribunali per ottenere la cosiddetta omologa dei provvedimenti per l’affido del minore; anche in questo caso l’affido va verso la bi genitorialità piena, quindi affido condiviso.
In tema emergenziale c’è un grosso problema perché non tutti i genitori di questi minori che di coppie di fatto che si sono separate, ovviamente usiamo sempre questo termine separate perché non vivono più insieme, molte volte non passano attraverso il tribunale per omologare e quindi fanno un pò troppo privatamente. Con i privati che giuridicamente non valgono nulla e ci si trova davanti ha dei rapporti senza un’omologa del tribunale. Torniamo quindi il DPCM, in questo caso ci facciamo una domanda: due soggetti conviventi non più conviventi, che hanno un figlio minore, non hanno un omologata in tribunale, a Natale come fanno andare a vedere il figlio se il cosiddetto consiglio dei ministri o del ministro preposto ha chiarito che ti puoi spostare con la certificazione con il provvedimento del tribunale? Non abbiamo il provvedimento del tribunale quindi questo bambino con chi sta?
Vi lascio questo quesito, una risposta che è grande confusione, grande conclusione, grande possibilità di aprire tribunali sempre più ingolfati che non riusciranno a dare nessuna risposta perché tempi tecnici non ci sono. Speriamo nel buon senso e che queste falle giuridiche poi possano essere in qualche modo colmate.

Quali sono le ultime novità giurisprudenziali in materia di
mantenimento dei figli?

Ilaria Capuzzi. Le novità giurisprudenziali più rilevanti in materia di mantenimento dei figli però intervenuta con una recentissima pronuncia e cioè quell’ordinanza 17.183 del 2020, la quale si è occupata proprio di stabilire quali siano i limiti desumibili dal nostro ordinamento giuridico e dai precedenti giurisprudenziali cui giace, l’obbligo dei genitori di mantenere economicamente i maggiorenni dettando però un principio generale che è estensibile oltre le ipotesi della crisi coniugale. Infatti dopo aver richiamato diciamo la normativa in materia, che come abbiamo già visto è stata profondamente modificata dal decreto legislativo 154/2013 che ne ha introdotto appunto la possibilità per il giudice, valutate le circostanze, di disporre in favore dei figli maggiorenni ma non ancora indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico ha sancito che
il mantenimento ben può cessare con il raggiungimento della maggiore età, ma infatti se sinora l’idea prevalente era quella che il mantenimento proseguisse anche oltre il raggiungimento della maggiore età cioè sino a quando i genitori non provarci quindi non dimostrarsi il figlio avesse raggiunto una propria indipendenza economica, con questa recentissima pronuncia c’è stata proprio un cambio di passo della polis presa, in quanto la stessa ha stabilito che una volta raggiunta la maggiore età, cessa di fatto. Il figlio e non anche il genitore quindi come l’inversione dell’onere della prova, provi appunto che sussistano ancora le condizioni per continuare ad essere mantenuto dai genitori, la valutazione ovviamente che il giudice deve compiere per stabilire se sussistano queste condizioni che deve essere fatto ovviamente caso per caso, deve tenere conto non soltanto dei percorsi formativi e scolastici.

È emerso nuovo orientamento giurisprudenziale riguardo il mantenimento e convivenza stabile ce ne può parlare?
Stefano Grolla. Se dicembre 2020 è il cinquantesimo dell’introduzione della legge sul divorzio in Italia e stiamo ancora parlando della legge numero 898 del 1970, e molto è cambiato in questi 50 anni da un punto di vista legislativo.
La normativa è stata cambiata dal legislatore, però quello che è cambiato soprattutto la giurisprudenza come nel mio intervento precedente evidenzio come la suprema corte di cassazione è intervenuta molte volte e in maniera che sempre più ravvicinata nel tempo negli ultimi cinque anni
la suprema corte di cassazione con le sue ordinanze le sue decisioni crea giurisprudenza crea non crea un stare decisis come ho già evidenziato quindi non crea una fonte legislativa ma un orientamento che poi i tribunali territoriali vanno a seguire. Chiaramente nel tempo si è modificato il principio che il coniuge divorziato doveva mantenere lo stesso tenore di vita che aveva avuto in costanza di matrimonio nel tempo e soprattutto con le ultime pronunce di questi ultimi anni l’orientamento è andato verso una verifica se il soggetto che avrebbe diritto all’assegno divorzile almeno i mezzi adeguati per vivere o possa procurarseli, questo è il concetto fondamentale possa procurarseli, quindi si è passati da una diciamo così quasi necessità da parte del coniuge più debole di avere sicuramente un assegno divorzile sa che il coniuge seppur più debole abbia e debba soprattutto se poi con le facoltà a procurarsi i mezzi di sostentamento.
Attenzione questo non vuol dire che il tribunale non debba sempre fare una valutazione di comparazione economico patrimoniale tra i due coniugi questo è alla base della ricerca da parte del tribunale della perequazione diciamo così tra i redditi dei due coniugi, proprio perché il coniuge più debole deve avere diritto a comunque avere una vita dignitosa.
Certamente un altro principio che deve essere valutato dal tribunale territoriale, è quello che se il soggetto più debole nel tempo ha perso chance di lavoro per esempio la moglie che si sia dedicata durante la vita coniugale ai figli e abbia rinunciato alla propria attività lavorativa. Si valuta inoltre quanto è durato un matrimonio e soprattutto se il soggetto più debole è in una situazione precaria da un punto di vista di salute e si guarda molto anche all’età.
Questo perché è molto più difficile per un soggetto di 50 anni o di 60 anni, perché si è molto dilatata la possibilità di andare a divorziarsi. Una volta c’era il concetto che ormai è inutile divorziare. Ho tenuto divorzi anche di persone ultrasettantenni e quindi in questa situazione si valuta se il soggetto e torniamo magari ai cinquantenni hanno la possibilità di collocarsi in un ambiente di lavoro, quindi chiaramente si è modificata la giurisprudenza e soprattutto l’evoluzione giurisprudenziale, si è andata più sempre verso una sorta di meritocrazia nell’avere un assegno divorzile e non una sorta di dovere assoluto per tutti quelli che vanno a dimostrarsi di poter usufruire di un assegno divorzile che ripete un assegno che è perfetto fino alla morte.

Si intravede anche una linea comune come stava appunto dicendo poco fa l’avvocato Grolla?
Ilaria Capuzzi. Per agganciarmi anche al discorso del collega diciamo che a differenza di quanto avviene in tema di mantenimento del coniuge in sede di separazione, divorzio, in tema di mantenimento dei figli soprattutto maggiorenni la giurisprudenza è sempre stata un pò di oscillante perché in alcuni casi la giurisprudenza della corte di legittimità ha espressamente riconosciuto ad esempio al figlio laureato da tempo e chiede la paghetta perché non trovava un lavoro che fosse incline alle sue aspirazioni e alle sue capacità professionali, veniva appunto riconosciuto tale diritto. A chiudere invece proprio per così che i cordoni della borsa allo scoccare della maggiore vita sul presupposto che comunque un figlio, una volta che gli è stata riconosciuta la possibilità di rendersi in qualche modo autonomo nel senso di aver acquisito un’adeguata capacità formativa, debba in qualche modo trovare un lavoro che gli consente di raggiungere un’adeguata autosufficiente indipendenza economica con l’arresto. Sia per riagganciare nel mio discorso di prima appunto con questa recentissima pronuncia la corte di cassazione ha segnato un cambio di rotta in quanto appunto ha stabilito che i mantenimenti, il diritto di mantenimento dei figli ultramaggiorenni cessi di fatto appunto e cessi il diritto, salvo che il figlio non riesca a dimostrare di non essersi in qualche modo reso autonomo quindi con un’inversione dell’onere della mano.
Questo perché si passa dal concetto di assistenzialismo e quindi la figura dell’assegno di mantenimento non è più vista come una funzione di tipo economico assistenziale, ma si passa al concetto di dovere quindi di auto responsabilità e quindi anche in questo, come ambiente di mantenimento dei che coniugi in sede di separazione, di divorzio, si va verso appunto verso il concetto dell’auto responsabilità. Si passa dall’idea di un diritto ad ogni possibile diritto, al concetto di volere e quindi una volta finiti gli studi siano essi quelli liceali o la laurea triennale o magistrale o figlio ha il dovere di ricercare un lavoro di rendersi autonomo in quanto appunto non può continuare a gravare sui genitori soprattutto se si tratta di figli ultra maggiorenni.
Io personalmente se posso permettermi condivido ovviamente diciamo questo cambio di rotta della giurisprudenza in quanto ritengo da un lato che proseguire nel mantenere figli ultra maggiorenni crei una disparità di trattamento ingiustificata ed ingiustificabile nei confronti dei figli maggiorenni coetanei che invece si siano resi autonomi già da tempo e quindi hanno perso una simile condizione.
Dall’alto perché secondo me questo non fa altro che rallentare l’ingresso diciamo nel mondo del lavoro dei giovani che già come sappiamo tutti, molto complicato.

Quali saranno gli effetti di questa decisione?
Stefano Grolla. Completando il ragionamento arriviamo a una recentissima ordinanza della Suprema Corte di Cassazione parlo della 28778/2020 del 16 ottobre 2020, questa ordinanza produrrà effetti che li vedremo nei prossimi anni perché ne hanno parlato i media ne stanno
parlando gli avvocati stanno parlando soprattutto i divorziati. Ha sancito la suprema corte di cassazione in questo suo orientamento, come diceva l’avvocato Capuzzi perché è proprio così, abbiamo alti e bassi abbiamo sentenze che si susseguono, addirittura abbiamo delle sezioni che vanno il mese dopo in contrasto con quello che aveva sancito la sezione che precedente o successiva e qui abbiamo una un’ordinanza che stravolgerà completamente il concetto di automatismo e mantenimento dell’assegno divorzile nelle coppie divorziate e da tempo e quindi qua avremo soggetti i clienti che non magari che non vediamo da tantissimi anni che busseranno alla nostra porta, perchè diranno, ma anch’io rientro in questa possibilità di adire il tribunale per togliere e quindi non dare più l’assegno divorzile al marito, alla moglie. Questa ordinanza, non c’è più il concetto di convivenza di fatto per dimostrare che il soggetto che invia questa prudenza stabile non ha più diritto ad avere l’assegno di porsi in altre parole il soggetto che divorziato da tempo che riconosce un assegno divorzile o il marito alla moglie può dimostrare che il marito l’ex coniuge ha una relazione stabile con un altro compagno o compagna anche se lo stesso non ha la residenza a casa dell’ex coniuge quindi c’è la possibilità di adire il tribunale per dimostrare quindi che il l’ex coniuge di fronte alla collettività ha una relazione stabile. Il soggetto può dire con un ricorso al tribunale territoriale per veder così tolto il l’assegno divorzile all’ex coniuge.
Ne vedremo delle belle perché ci sarà una esplosione esponenziale secondo me del contenzioso e sono veramente curioso di verificare se poi i tribunali territoriali come recepiranno questa ordinanza della suprema corte perché veramente stravolgerà la vita delle persone.

@Trascrizione Automatica

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