Chi fa più affari con il private equity

Chiomenti, Pavia e Ansaldo e Lombardi Segni e associati in testa al ranking
Le Fonti Legal degli studi legali che hanno fatto più affari in un settore
che nell’ultimo anno è tornato a crescere. Grazie alla liquidità dei fondi,
ai bassi tassi di interesse e alle imprese che affrontano i passaggi generazionali

Chiomenti, Pavia e Ansaldo e Lombardi Segni e associati guidano la classifica del private equity in Italia. Sono questi i tre studi che hanno fatto più affari nell’ultimo anno in Italia nell’ambito di un settore che negli ultimi mesi è tornato in auge.
[auth href=”https://www.lefonti.legal/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
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La ricognizione di Le Fonti Legal ha passato in rassegna i maggiori deal dell’ultimo anno e ha chiesto agli studi protagonisti di analizzare il settore e di descrivere il ruolo e il valore aggiunto dello studio legale nella strutturazione di un’operazione di private equity, che, dall’apertura al closing, si compone dei seguenti passaggi: individuazione della miglior struttura per realizzare l’operazione; due diligence per verificare la sussistenza o meno di eventuali criticità legali; redazione e negoziazione del contratto di compravendita, dell’eventuale patto parasociale, e dei management agreement; predisposizione e negoziazione degli accordi di finanziamento con le banche che supportano l’operazione di acquisizione; richiamo delle risorse finanziarie da parte del fondo nei confronti dei propri investitori; infine, si passa alle attività necessarie per l’ottenimento delle autorizzazioni per la realizzazione dell’operazione.Chiomenti Secondo Luigi Vaccaro, «la peculiarità dal punto di vista legale delle operazioni di private equity è quella di comportare un approccio multidisciplinare all’assistenza offerta. Infatti ai profili tipici di corporate/M&A si accompagnano sempre quelli dei finanziamenti bancari o di accesso al mercato del debito, gli aspetti giuslavorisici e di incentivazione legati al management, quelli fiscali per la strutturazione delle operazioni e gli ulteriori aspetti specialistici legati all’industry in cui opera la target».

Pavia e Ansaldo Per Stefano Bianchi, managing partner, «il mercato è vivo e nuovamente attivo grazie alle considerevoli riserve di liquidità di molti fondi e alle eccellenti opportunità di investimento offerte dal mercato italiano». A livello di settori maggiormente attrattivi, secondo Bianchi «i fondi hanno caratteristiche diverse e, a seconda della loro tipologia, selezionano target differenti; basti pensare ai fondi infrastrutturali e a quelli specializzati nel c.d distressed acquisition. Oggi i settori che suscitano il maggior interesse sono quelli del pharma e delle biotecnologie ma conservano la loro attrattiva molti altri ambiti, in considerazione del fatto che un sistema manifatturiero articolato e capillare come quello del nostro paese gioca un ruolo di primo piano sul piano internazionale». «Le operazioni di private equity», continua Bianchi, «sono nella quasi totalità dei casi molto complesse e sofisticate, soprattutto sotto il profilo della loro struttura finanziaria. Le fasi principali in cui schematicamente può essere descritta una tipica operazione di private equity riguardano: structuring dell’operazione, due diligence approfondita e ad ampio raggio, presentazione/raccolta delle manifestazioni di interesse e delle offerte nell’ambito di processi competitivi di dismissione, negoziazione one to one fra venditori e acquirenti, acquisition financing, negoziazione della documentazione contrattuale e societaria, signing e closing».

Lombardi Segni e associati Anche a parere di Stefano Nanni Costa, rispetto al passato si sta verificando un «consolidamento del mercato del private equity in Italia, soprattutto in relazione ad operazioni di piccola e media dimensione. La liquidità in circolazione continua ad essere un driver importante e, per tale ragione, il trend positivo potrebbe continuare, tenuto conto dell’interesse di investitori stranieri per l’Italia e per le numerose realtà italiane che hanno posizioni anche di rilievo nei rispettivi mercati di nicchia. Molto dipenderà in ogni caso dai futuri sviluppi sia a livello politico, sia a livello finanziario. Per certo la media dei multipli applicati si è uniformata a livelli decisamente importanti». Per quanto riguarda i settori nel mirino dei fondi e la tipologia dell’impresa target, a parere di Costa «in Italia gli investitori cercano soprattutto società che abbiano un particolare know how o forti presenze in determinati settori di mercato a livello internazionale. In linea generale i settori più attraenti dovrebbero rimanere quello della tecnologia meccanica, delle infrastrutture, della moda, quello agro-alimentare e il settore del credito. Ciò posto, l’Italia è un paese ricco di imprese, solitamente di dimensioni medio-piccole, attive in nicchie di mercato dove, spesso, hanno posizioni di primo piano anche a livello internazionale, sovente a conduzione familiare e con tematiche legale al ricambio generazionale. Riteniamo che in tale ambito gli investitori, sia italiani che stranieri, continueranno a trovare opportunità. Non si può trascurare, infine, un rinnovato interesse in società che operano prevalentemente in Italia, nel settore retail, per esempio, segno che vi è una certa fiducia sulle prospettive del mercato italiano».

Pedersoli studio legale Per Alessandro Marena «stiamo vivendo senz’altro in un momento di forte sviluppo e attività per il private equity. La grande quantità di commitment raccolto dagli operatori del settore sia in Italia sia all’estero, nonché la relativa scarsità di target a disposizione per l’investimento, fa sì che la concorrenza tra i fondi sia molto agguerrita su tutte le fasce di mercato, che comprendono le operazioni di puro mid-market, con un enterprise value tra i 25 e 100 milioni, a quelle di fascia alta del mid-market italiano, tra i 300 e i 500 milioni. Questa situazione di mercato è chiaramente ad appannaggio dei venditori. Difficilmente si vede un’operazione one-to-one, infatti le operazioni sono gestite molto più spesso attraverso procedure di asta competitiva, specie quelle più grandi. Il livello dei multipli è ai massimi degli ultimi anni. Abbiamo visto più di un’operazione con multipli a doppia cifra ed è tornato alto il livello di leva, visto il costo del denaro basso e di nuovo la necessità di mettere “al lavoro” le risorse anche da parte delle banche». Quanto ai settori maggiormente attrattivi, secondo Marena sono quelli «del food, dei retail food restaurants, del retail branded e naturalmente del fashion». Su come è strutturata un’operazione di private equity, Marena sottolinea che, «considerando il numero di processi competitivi, la “classica” operazione strutturata con lettera di intenti, due diligence, contratto e closing è sempre meno frequente. Molto più diffuso è partecipare al processo di asta che comporta la formulazione di una iniziale non-binding offer, l’eventuale successiva ammissione a “fase 2” con accesso a una virtual data room e la partecipazione a management presentation, l’esame dello Spa e del patto parasociale regolarmente proposto dai legali dei venditori, la formulazione di una binding offer contenente anche il “mark up” ai testi contrattuali. Nell’ipotesi in cui la binding offer venga accettata, è prevista una successiva fase di esclusiva molto limitata per finalizzare i contratti e chiudere l’operazione».

Allen & Overy Secondo i dati in possesso dello studio legale, «la crescita degli investimenti di private equity in Italia», spiega Giovanni Gazzaniga, partner dello studio, «è stata negli ultimi anni di circa il 19 – 20%. Nel contempo però, si registra un calo degli investimenti nel primo semestre 2017, in relazione non tanto al numero di operazioni ma al volume delle stesse. Sicuramente un settore dove l’attenzione dei fondi, soprattutto stranieri, è, a nostra percezione, in aumento è quello del food & beverage con forte connotazione made in Italy. La tipologia delle target preferita dai fondi è sicuramente la cosidetta family owned company con prospettive di investimento strategico a medio termine».

Anche a parere di Cms «il mercato è in fase di forte espansione, i bassi tassi di interesse permettono un ampio utilizzo della leva finanziaria che è una componente tipica delle operazioni di private equity. Paradossalmente, essendoci molta liquidità nel mercato e numerosi fondi di private equity, scarseggiano le imprese target, specialmente quelle ad elevata redditività che sono maggiormente “appetibili” ai fondi di private equity. Questo ha determinato un rallentamento in termini di deals chiusi negli ultimi mesi. Sono proseguite, viceversa, le operazioni di “add-on” rispetto ai target già investiti». Riguardo i settori nel mirino dei fondi, per lo studio «l’Italia mostra oggi opportunità interessanti a livello trasversale anche tenuto conto del fatto che le aziende sono in generale in un migliore stato di salute rispetto a qualche anno fa. Il governo, inoltre, ha promosso diverse misure agevolative per investimenti volti a supportare l’economia reale, sia lato equity che debito. La nostra esperienza ci segnala un interessamento soprattutto nel comparto tecnologico, hotel&leisure, lusso e nelle energie rinnovabili con aziende che mostrano fatturati mediamente ricompresi tra i 50 e i 70 milioni di euro. Continuano inoltre ad offrire interessanti opportunità anche operazioni di acquisizione collegate alla ristrutturazione del debito della target».

Gattai Minoli Agostinelli & Partners Bruno Gattai, managing partner, afferma invece che il mercato del private equity «è attivo perché c’è molta liquidità. È un mercato ove in questo momento è più facile vendere che comprare, in quanto i multipli e quindi i prezzi stanno salendo». Riguardo i settori, secondo Gattai nel mirino dei fondi non ci sono solo quelli «dove tradizionalmente le imprese italiane sono appetibili, come fashion o design. I target buoni sono quelli che generano cassa e che hanno possibilità di grande crescita e sviluppo o perché imprese familiari poco organizzate commercialmente o perché orientate all’estero».

Molinari e associati Margherita Santoiemma sottolinea invece come, «a partire dal 2016 abbiamo notato un incremento degli investimenti in Italia, sia dal punto di vista del capitale investito sia dal punto di vista del numero di operazioni perfezionate, grazie anche al rinnovato interesse degli operatori internazionali. Negli ultimi anni abbiamo visto crescere l’interesse per il settore medicale e biomedicale con una predilezione per imprese di medie dimensioni».
Le doti essenziali dell’advisor legale, secondo Santoiemma, sono «non solo la preparazione e la dedizione, ma anche la rapidità di risposta e la capacità di adattarsi alla specificità della singola operazione e alle esigenze del cliente, attraverso un confronto costante con quest’ultimo».

Dentons Per Alessandro Dubini, «le ingenti disponibilità sul mercato sono dovute principalmente al fatto che i tassi di interesse sono ancora particolarmente bassi e, di conseguenza, gli investitori sono alla ricerca degli investimenti che danno i ritorni più elevati. Il fund raising dei fondi italiani in questo periodo è particolarmente premiante, rispetto al difficilissimo periodo della crisi degli anni 2008-2012. Oggi i fondi di piccole e medie dimensioni stanno raccogliendo circa il 50% in più rispetto al periodo precedente. Considerato il buon andamento in generale del mercato M&A ci aspettiamo anche per il prossimo futuro diverse operazioni che saranno perfezionate dai fondi di Private Equity. Segnaliamo, infine, che abbiamo riscontrato un forte interesse dei fondi di private equity esteri per le piccole e medie imprese italiane che, come noto, rappresentano un’eccellenza nel mondo».

Freshfields Luigi Verga afferma che «il mercato degli investitori finanziari continua a essere molto attivo e in continuo movimento, seppur con differenziazioni tra diversi settori e a seconda delle dimensioni delle società target. Settori di sicuro interesse in questo momento sono i business regolamentati e quelli legati al “made in Italy”, con particolare riferimento al food. L’interesse per la meccanica avanzata/specialistica è poi sempre presente. Visto il rinnovato interesse anche di fondi globali per il mercato italiano, è difficile individuare una tipologia standard di impresa target».

Eversheds Sutherland
Per Marco Franzini, nelle operazioni di private equity «è divenuta parte sempre più importante la strutturazione dello schema di investimento, spesso anche deal by deal, che ormai vede una varietà di tipologie operative accanto al tradizionale schema del fondo di investimento e management company. Dal punto di vista delle operazioni la struttura è sostanzialmente invariata rispetto allo schema classico costituito da: lettera d’intenti o memorandum d’intesa, due diligence, accordo di acquisizione e investimento, acquisition finance, corporate governance, service agreement per il management, schemi di incentivo per i soci gestori/management, accordi di exit».

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