Un fenomeno in evoluzione

Cambia il modus operandi delle mafie, mentre il terrorismo si evolve verso nuovi scenari. Mancano però normative uniformi per combattere la delinquenza a livello europeo.

A poco meno di un anno dall’essere approdato ai vertici della Procura Nazionale antimafia e antiterrorismo abbiamo chiesto a Federico Cafiero de Raho di analizzare il fenomeno della criminalità organizzata e delle armi per combatterla. Forte della sua esperienza ultraquarantennale maturata sul campo presso diverse Procure (Cafiero de Raho tra gli altri incarichi è stato Procuratore aggiunto a Napoli dal 2006 al 2013 e poi Procuratore capo a Reggio Calabria dal 2013 al 2017) egli indica con chiarezza i fattori caratterizzanti, tradizionali e inediti, dell’attività dei gruppi criminali, gli strumenti di contrasto utilizzati da magistratura e forze di polizia, nonché gli aspetti di collaborazione istituzionale nazionale e internazionale.

I fenomeni della mafia e del terrorismo stanno assumendo aspetti inediti. Quali? Dopo la scomparsa dei capi storici di “cosa nostra” e la forte azione di repressione dello Stato, che ha assicurato al carcere a vita o a prolungate detenzioni i vertici mafiosi, si è assistito ad un progressivo ricambio generazionale, che ha apportato visioni lievemente diverse ed ha determinato timidi segnali di cambiamento. Resta, però, pienamente confermato il classico assetto di tipo verticistico piramidale, articolato, in “cosa nostra”, su “famiglie” e “mandamenti”, alla ricerca di una maggiore integrazione fra le varie articolazioni territoriali, aggregandosi attorno a uomini d’onore usciti dalla prigione. Non vi è più un vertice regionale, ma un rimodellamento della struttura con una sorta di “democratizzazione” dell’apparato organizzativo, al quale hanno dato vita i responsabili dei vari mandamenti, proiettati verso l’individuazione di un vertice provinciale. Non si è ridotta la capacità delinquenziale della mafia siciliana. L’analisi sul radicamento territoriale conferma la provincia di Palermo come il luogo in cui l’organizzazione mafiosa esprime al massimo la propria vitalità, sia sul piano decisionale, che su quello operativo, man- tenendo immutata l’attività estorsiva, anche mascherandola con la forzata assunzione di manodopera e l’imposizione di forniture di beni e servizi.

E sul versante del terrorismo internazionale qual è, invece, la sua opinione? Quanto al terrorismo internazionale, il territorio del conflitto siro-iraqeno ha evidenziato sconfitte militari dell’I.S (Islamic State) e la progressiva perdita di città e giacimenti petroliferi. La minaccia terroristica si è, quindi, evoluta verso nuovi scenari. In un primo periodo, dall’estate 2014 ai primi mesi del 2016, la iniziale espansione dello Stato Islamico determinò numerose partenze da diversi Paesi verso il territorio del Califfato. Successivamente si è registrata nei territori occupati una crisi, progressivamente sempre più profonda ed evidente, con riduzione dei flussi di “foreign fighters” e invito all’azione diretta nei territori dei Paesi occidentali. Ma attualmente si riscontra l’azzeramento delle partenze e dei rientri. Preciso anche che per l’Italia il numero dei “ritorni” è al momento contenuto e resterà ragionevolmente tale, in quanto, come è noto, il numero delle partenze dall’Italia verso il territorio di I.S. è stato basso. È chiaro, però, che l’Italia può essere Paese di transito di “returnees” verso altre destinazioni, così come rimane al centro dell’attenzione della rinnovata propaganda di I.S. con indicazioni specifiche a colpire nel nostro Paese. In particolare, se in passato non temevamo che tra i migranti entrassero terroristi, nella ritirata da I.S., attualmente, molti gruppi possano raggiungere la Libia, per andare in Europa.

Tornando alla criminalità organizzata, quali sono gli aspetti innovativi? La pressione investigativa e l’azione rigorosa di contrasto sviluppata dallo Stato, senza soluzione di continuità, ha costretto la mafia ad abbandonare il disegno stragista e le azioni violente eclatanti per assumere la strategia dell’“inabissamento”. Una scelta dettata soprattutto dal tentativo di alleggerire la pressione investigativa. Anche “cosa nostra”, al pari delle altre organizzazioni mafiose, è sempre più proiettata verso l’infiltrazione del tessuto economico- produttivo, anche in ambito extraregionale, attraverso qualificate componenti imprenditoriali e professionali di riferimento. La crisi economica che ha caratterizzato il nostro Paese, negli ultimi anni, ha favorito ulteriori inserimenti della consorteria mafiosa nell’economia legale, mediante l’infiltrazione delle realtà societarie attraverso l’offerta di liquidità di provenienza illecita ad imprese con difficoltà di ricorso al sistema creditizio. Tali attività rispondono alla duplice finalità di garantire forme di reinvestimento di capitali illeciti e di assicurare alla consorteria il recupero di parte del consenso sociale eroso significativamente dalla pressione estorsiva, attraverso l’offerta di posti di lavoro e la gestione di attività produttive, spesso di significativa importanza per i territori di riferimento. Sul fronte più tradizionalmente criminale, le famiglie mafiose hanno dovuto necessariamente modificare il loro modus operandi, assumendo la gestione diretta del traffico di sostanze stupefacenti, comparto che, in passato, consideravano di secondo piano rispetto alle tradizionali condotte estorsive. Il ruolo di maggior rilievo nel narcotraffico delle articolazioni mafiose siciliane appare caratterizzato da consolidati legami con la ‘ndrangheta e con i diversi sodalizi camorristici e da una rinnovata rivitalizzazione dei rapporti con le organizzazioni transoceaniche, che producono o distribuiscono le grandi partite di stupefacenti. Altro settore è quello del contrabbando transnazionale di t.l.e.(sigarette di provenienza estera) e di prodotti petroliferi. Per quanto riguarda gli altri prioritari settori illeciti, oltre alla pratica estorsiva, vi è la perdurante ingerenza sui maggiori lavori pubblici e privati, agevolata dalla propensione alla collusione. Settori di infiltrazione sono, pure, quelli della sanità pubblica e privata, la gestione delle sale bingo, slot machines, scommesse sportive on-line.

Quanto al terrorismo internazionale… Sul fronte del terrorismo internazionale, si osserva che i gruppi terroristici locali hanno collegamenti, sul piano ideologico, operativo e finanziario, con le organizzazioni madri, realizzando un sistema “molecolare”, in cui i componenti hanno autonomia e capacità di auto-attivazione. Sul territorio sono costituite reti di indottrinamento e reclutamento, che pescano tra i più giovani e fragili. Sulla rete internet sono gestiti siti finalizzati al reclutamento e all’addestramento dei potenziali esecutori di attentati ai quali vengono anche indicati gli obiettivi da colpire e le modalità di esecuzione. In sostanza, il terrorismo dell’I.S. opera con gruppi direttamente in contatto con i vertici dell’organizzazione madre, ma, oggi, per la minore capacità di reclutamento, determinata dal venir meno delle ricchezze provenienti dai pozzi petroliferi e dalla riduzione dei campi di addestramento, anche con i cosiddetti “lupi solitari”. Il panorama emerso dalle indagini evidenzia un’ampia gamma di situazioni produttive di radicalizzazioni, sfociate nell’adesione al programma criminoso della rete terroristica e potenzialmente indirizzate verso la preparazione di attentati.

Quali sono i passi in avanti più significativi fatti negli ultimi anni nella lotta alla mafia? La mafia, la ‘ndrangheta e la camorra “propria” (radicata sul territorio) stringono re- lazioni di potere, esplicano la capacità di infiltrazione o condizionamento della sfera politica e istituzionale, esercitano l’impresa, interferendo sul mercato e condizionandone lo sviluppo locale: hanno realizzato un sistema complesso, in cui la struttura “militare”, dedicata al controllo del territorio, è subordinata rispetto a quella economico-imprenditoriale, costituita non solo da imprenditori contigui o collusi, ma anche da commercia- listi, avvocati, professionisti, che sostengono la penetrazione delle mafie nel mondo economico. Le mafie, da tempo, si sono trasformate in collettori di voti, in dispositivi territoriali capaci di intercettare consenso elettorale, sostegno politico ad amministratori in cambio della gestione di appalti. L’azione di contrasto, oggi, non si attua solo con gli arresti dei componenti la struttura “militare”, ma soprattutto fronteggiando l’economia mafiosa e aggredendo con la confisca i patrimoni mafiosi. Le indagini sono sviluppate dalla Magistratura con la partecipazione di una Polizia Giudiziaria specializzata, capace di individuare i meccanismi complessi di reinvestimento dei proventi delle illecite attività e smascherare i diversificati e raffi nati sistemi utilizzati per l’infiltrazione dell’economia legale con imprese mafiose o contigue alle mafie. Gli strumenti di persuasione non sono più la violenza o la minaccia, ma il denaro e la corruzione dei pubblici dipendenti. A seguito della costante azione di contrasto attuata dallo Stato, negli ultimi anni, è cresciuta la fiducia con il risultato, non banale, che anche le più tradizionali regole di omertà vengono scardinate. In definitiva, per poter definitivamente sconfiggere la mafia, oltre alla specializzata azione repressiva, portata avanti dallo Stato con i suoi migliori uomini, occorre la forte presa di coscienza della società civile, che sia in grado di sostenere il cambiamento.

E che dire sul versante del terrorismo? Il contrasto al terrorismo si fonda sul pilastro dell’efficace strumentario, adottato dal nostro Paese, per prevenire e fronteggiare il terrorismo internazionale, e su quello della professionalità e specializzazione dei Servizi di sicurezza e informazione, della Polizia Giudiziaria e della Magistratura. L’esperienza, che Polizia Giudiziaria e Magistratura hanno maturato nei decenni passati, nel con- trasto al terrorismo degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso e nella lotta alle mafie degli ultimi quarant’anni, ha determinato conoscenze e strategie, di altissimo livello, con Forze dota- te di straordinaria professionalità. L’ampliamento delle competenze della Pro- cura Nazionale Antimafia, divenuta anche antiterrorismo dal 18 febbraio 2015, e la concentrazione della materia del terrorismo nelle Procure della Repubblica del capoluogo del distretto, con il meccanismo del coordinamento e dell’impulso propri del contrasto alla mafia, ha impresso alla circolazione delle conoscenze un’importante fattore di condivisione e di collaborazione tra tutti gli uffici giudiziari inquirenti. Il contrasto al terrorismo si articola nell’ambito di un’incessante attività di monitoraggio degli ambienti islamici, di controllo dei detenuti a rischio radicalizzazione e di potenziali minacce dall’estero o verso l’estero.

Quale giudizio dà sulla collaborazione istituzionale interna e internazionale e quali solo le maggiori criticità riscontrate a riguardo? La sinergia e la sintonia che legano le procure della Repubblica e i vertici della polizia di Stato, dei carabinieri e della guardia di finanza, con i relativi organismi di polizia giudiziaria, con il coordinamento della direzione nazionale, offrono al territorio il senso della unitarietà dell’azione di contrasto, strategicamente concordata e condivisa, nella direzione chiara del recupero del territorio per la tutela dei diritti fondamentali di libertà e solidarietà senza più nebbie o confusioni, rifuggendo sempre qualunque ombra di sospetto. La collaborazione e la cooperazione sono dati costanti nelle indagini di contrasto alle mafie ed al terrorismo. Il rapporto tra gli uffici giudiziari in Europa, soprattutto in tema di terrorismo, nei casi di urgenza per la sicurezza delle persone, si sviluppa nel modo più rapido, ed inizialmente anche informale con telefono o mail, per l’immediato trasferimento delle informazioni nello spirito di collaborazione determinato dall’esigenza di impedire attentati o altre gravi iniziative. La professionalità e sensibilità degli uffici della direzione nazionale o delle direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo e della polizia giudiziaria (polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza) nel contrasto alla mafia ed al terrorismo è tale da garantire l’impostazione della migliore strategia, che coinvolga il contributo e la collaborazione degli organismi magistratuali e di polizia dei paesi esteri, non solo europei. Nell’Unione europea è di grande rilievo l’attività di cooperazione giudiziaria svolta da Eurojust, organismo giudiziario per la con- divisione delle conoscenze e delle indagini nei confronti della criminalità transnazionale e per la migliore efficienza e strategia investigativa. Va anche detto, però, che in ambito europeo la mancanza di normative uniformi in tema di contrasto alle mafie ed al terrorismo, certamente determina diversità operative, mancando negli altri paesi strumenti che l’Italia ha assunto da anni. La disciplina delle intercettazioni, per esempio, trova valutazioni e decisioni diverse nei paesi Europei, proprio in considerazione delle diverse normative.

Quali miglioramenti si possono auspicare sul piano normativo e su quello operativo per un affinamento della lotta alla mafia e al terrorismo? È necessario intervenire sul processo con riforme che ne agevolino la celebrazione, individuando, effettivamente, gli snodi che lo rallentano; si pensi al meccanismo del rinnovamento del dibattimento nel caso di variazione del collegio e in ogni caso di regressione del processo. Occorrono anche forme più snelle per assicurare continuità e rapidità ed evitare inutili ritardi o invalidità derivanti dalla reiterazione delle notificazioni. Per una giustizia penale efficiente è necessario, inoltre, rafforzare gli uffici del giudice delle indagini preliminari, ai quali, peraltro, è rimesso il compito di valutare le richieste di misura cautelare personale e reale. I ritardi nella valutazione delle richieste si traducono nella perpetuazione delle condotte criminose sui territori in cui le organizzazioni criminali di matrice mafiosa, ndranghetista e camorrista sono più presenti. Sul piano normativo occorrerebbe intervenire con strumenti agili ed evitare di aggravare i compiti investigativi, come avverrà con la riforma delle intercettazioni telefoniche e ambientali, laddove la rilevanza di ciascuna conversa- zione impegnerà costantemente polizia giudiziaria e magistratura ai fini della trascrizione di tutte le conversazioni, ai soli fini di una preventiva valutazione sulla rilevanza. L’uso del captatore informatico costringerà la polizia giudiziaria, che segue l’intercettazione, a interrompere o riprendere il servizio, a seconda del luogo in cui il soggetto si trovi: problemi interpretativi e operativi che certamente non favoriranno le indagini. Altro importante provvedimento è la riforma del sistema penitenziario. La riforma contiene condivisibili istituti finalizzati a rendere più umana la condizione detentiva (anche in ossequio alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo) e ad incentivare la possibilità del reinserimento sociale del condannato. Sono anche previste, però, alcune modifiche che inciderebbero sulla protrazione del regime speciale dell’art. 41 bis c.p. e sulla detenzione domiciliare, ampliandola, in alcuni casi, anche ai condannati per reati di mafia o terrorismo. Sono anche previste modifiche in ordine all’interlocuzione della Procura nazionale antimafia sull’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, preclusivi dell’accesso ai benefici penitenziari. Auspicherei, infine, maggiore uniformità normativa, a livello europeo, nella disciplina di contrasto alla criminalità organizzata.

A cura di Filippo Cucuccio

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