Tutte le sfide dell’export italiano

Con i 524 miliardi di euro di export dello scorso anno l’Italia si è aggiudicata la migliore performance fra le prime dieci economie del mondo. Il +21,1% tendenziale dei primi nove mesi del 2022 ha, poi, confermato il trend di crescita. A comunicarlo è Carlo Ferro, Presidente di ICE, che fa il punto sulle esportazioni italiane ed espone i progetti dell’Agenzia.

In che modo le vicende di carattere internazionale stanno impattando sull’export italiano?
La pandemia ha impresso una accelerazione ad alcuni trend già in atto: i processi di digitalizzazione, lo spostamento della domanda mondiale verso l’Asia, salute e sostenibilità al centro dei valori di consumo delle nuove generazioni. Ma ha anche messo le imprese di fronte a nuove sfide: le strozzature di alcune supply chain, la ridotta capacità della logistica internazionale e, soprattutto, l’inflazione e la conseguente stretta avviata sui mercati monetari.
E il conflitto seguito all’invasione Ucraina da parte della Russia sta esasperando le spinte inflattive e sta generando ulteriori tensioni nelle catene globali del valore, particolarmente per le produzioni energivore. Gli effetti sul commercio estero del nostro Paese riguardano prevalentemente le importazioni, perché Russia e Ucraina sono Paesi fornitori di materie prime energetiche e materie prime specifiche ad alcune filiere ed il prezzo medio delle importazioni in questi 9 mesi è aumentato di oltre il 40%.

Nell’ultimo anno quali sono stati i mercati su cui le imprese italiane hanno investito di più?
Il focus oggi è necessariamente su Europa vicina e Stati Uniti. Sul medio termine, poi, bisogna guardare ai mercati con le maggiori prospettive di crescita. Sono quelli dell’area asiatica, ossia Paesi dell’ASEAN e Cina. Pure in Giappone ci sono grandi possibilità con l’accordo di libero scambio del 2019. Ma non va perso di vista il rapporto dell’Europa con i mercati dell’Africa Sahariana e Sub-Sahariana: è importante non lasciare alla Cina le relazioni economiche con questi Paesi.

Qual è il ruolo di ICE nella promozione dell’internazionalizzazione e quali i prossimi progetti?
ICE Agenzia ha messo in campo 20 nuove azioni, 20 cose nuove nei campi del digitale, dell’e-commerce, della formazione e della tutela del Made in Italy. Abbiamo portato oltre 7mila Pmi a vendere online sulle 33 vetrine del Made in Italy che abbiamo avviato con primari marketplace in tutto il mondo. A titolo di esempio, stiamo aiutando le imprese più piccole a sviluppare, con un voucher, i propri processi digitali di internazionalizzazione. Stiamo anche lavorando con il settore dell’abbigliamento e quello dell’agroalimentare sulle tecnologie blockchain, per proteggere e tutelare il brand e differenziare la sostenibilità dell’offerta delle aziende italiane, e siamo ritornati sui territori per assistere le imprese lì dove producono. Il risultato è un aumento dei servizi erogati alle imprese per un fattore di 2.79. L’esperienza di questi anni è stata di collaborazione trasversale con i tre governi e con tutte le regioni, indipendentemente dalla maggioranza che le amministra ma in piena sintonia con chi le governa. Ci sono ancora cose importanti che possono essere fatte: completare il network di uffici ICE nel mondo da 80 a 104, avviare cose nuove per i giovani, e nei campi della tecnologia e della promozione integrata.

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