Più flessibilità per la continuità aziendale

Maggiore flessibilità, efficientamento del controllo di gestione e ricorso a forme di collaborazione agevolata, sono solo alcune delle misure che le imprese dovranno adottare internamente per prevenire e, nel peggiore dei casi, uscire dalla situazione di difficoltà economica dovuta alla pandemia. Ne è convinta Francesca Broussard, partner di Munari Cavani, che, quale esperta di diritto fallimentare, fa anche il punto sulle conseguenze della pandemia su tale settore.

Qual è l’impatto dell’emergenza sanitaria sul comparto della crisi di impresa?
L’emergenza pandemica ha aggravato la situazione di crisi di molte realtà imprenditoriali che già erano finanziariamente stressate, impedendo alle stesse di accedere agli strumenti di gestione concordata della crisi e di salvaguardare la continuità aziendale.
L’incertezza dei flussi prospettici di cassa e la stagnazione del mercato stanno di fatto impedendo agli Istituti di credito di sostenere concretamente le imprese in crisi, congelando le trattative in corso sia per l’accesso a nuovi piani di risanamento e di ristrutturazione del debito, sia per le revisioni e rinegoziazioni dei piani già in essere.
Tale situazione prevedibilmente condurrà ad un incremento dei concordati meramente liquidatori e, in particolare, alle liquidazioni giudiziali, non senza tralasciare l’elevato rischio che i piani di risanamento e ristrutturazione e concordatari in continuità aziendale, già approvati dai creditori e addirittura omologati dai Tribunali, possano nel breve periodo divenire inattuabili e dunque non più sostenibili.
In buona sostanza, l’emergenza pandemica in corso sta seriamente compromettendo la possibilità per le imprese di preservare la continuità aziendale e accedere a forme di concorsualità aventi tale scopo.

Quali sono gli strumenti a disposizione delle aziende per prevenirla?
La stagnazione del mercato in generale, perdurante da quasi un anno, sarà tale per cui le misure di sostegno annunciate dal Governo appaiono sottodimensionate rispetto ai bisogni delle aziende e decisamente lente nell’erogazione dei fondi promessi. Si reputa quindi che la prevenzione della crisi da parte delle imprese, non possa prescindere, seppure con le cautele ed accortezze caso per caso, da rimedi endogeni quali la riduzione dei costi, l’efficientamento del controllo di gestione, una struttura flessibile per intercettare nuove forme di domanda, ricorso a forme di collaborazione agevolata, rinegoziazione dei contratti in essere con clienti e fornitori (cosiddetta solidarietà di filiera) e dei contratti bancari, in forme tecniche coerenti con la nuova realtà aziendale, con i flussi di cassa previsti e con il prevedibile andamento del mercato di riferimento.

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