La ricetta per raggiungere il work-life balance

Quando si parla di work-life balance non bisogna pensare solo al concetto di separazione tra la vita personale e quella professionale. Il bilanciamento va invece inteso come una opportuna coesistenza tra le due sfere di azione. Lo afferma Francesco Amendolito, founder dello studio legale Amendolito & Associati, che ha spiegato, tra l’altro, in che modo le imprese oggi possano raggiungere il difficile equilibrio vita-lavoro per i proprio dipendenti.

Le imprese si trovano ora di fronte alla ricerca di un difficile equilibrio per i dipendenti: il cosiddetto “work -life balance”. Quale ricetta per raggiungerlo?
Innanzitutto è opportuno ribadire che il raggiungimento del work life balance si pone in un nesso di causalità non solo con la felicità dei dipendenti ma anche con la produttività aziendale. Difatti, è stato ormai ampiamente dimostrato che nelle aziende in cui sono raggiunti buoni livelli di benessere non solo le risorse sono più produttive, ma si innesca anche un meccanismo di fidelity, con una consequenziale diminuzione dell’assenteismo e del turnover, caratteristica primaria di una impresa florida. Per quanto attiene agli strumenti per raggiungere l’anelato bilanciamento vita lavoro, a mio parere rientrano in tale categoria tutte quelle forme di lavoro flessibile che permettono un’organizzazione dell’attività facilmente conciliabile con la vita personale. In questo senso, lo smart working è uno strumento atto a realizzare il bilanciamento vita lavoro, laddove lo stesso non va inteso solo come possibilità di svolgere il lavoro da casa o da un altro luogo, ma anche come possibilità di modificare la collocazione temporale dell’attività lavorativa pur continuando a svolgerla dall’ufficio. Spesso viene erroneamente inteso lo smart working puramente come possibilità di lavorare da un luogo diverso rispetto l’azienda, ma in verità è da intendersi anche come possibilità di svolgere l’attività lavorativa in orari programmabili dallo stesso lavoratore.
Infatti, quando si parla di work-life balance non bisogna pensare unicamente al concetto di separazione tra la vita personale e quella professionale – seppur necessario ed ormai validamente tutelato da strumenti come il diritto alla disconnessione – ma il bilanciamento va inteso come opportuna coesistenza delle due sfere di azione. In questo senso anche il welfare aziendale rientra negli strumenti atti a concretizzare quel delicato equilibrio. Nelle prassi aziendali i piani welfare contengono le più svariate tipologie di interventi come gli asili nido, la palestra in azienda, la presenza di supporto psicologico o anche la concessione di buoni carburante o buoni spesa. Si possono annoverare innumerevoli soluzioni atte allo scopo, tutte però necessitano di una corretta ed approfondita analisi dei bisogni della realtà aziendale, al fine di essere concreti nel tentativo di raggiungere il work-life balance.

È in cantiera la riforma dello smart working, Legge del 2017, quindi pre -covid. Quali gli aspetti positivi e quali i suggerimenti?
Se la riforma si attesterà sulla bozza passata al vaglio della Commissione certamente uno tra gli aspetti positivi è il riferimento alla contrattazione collettiva. In linea con quanto da me sempre auspicato, anche più volte su queste pagine, viene riconosciuto un ruolo centrale alla contrattazione, affidandole il compito di pronunciarsi su alcuni aspetti chiave della modalità agile. D’altro canto, però, il legislatore conferma la necessità degli accordi individuali, il ricorso ai quali da un lato è positivo perché permetterebbe di modellare le modalità operative anche alle esigenze del singolo lavoratore dipendente, dall’altro lato pone il datore di lavoro nella posizione di dover negoziare ogni accordo, rendendo così il ricorso allo smart working più lungo e complicato. Un ulteriore aspetto positivo della bozza di Riforma è riscontrabile negli incentivi previsti per l’acquisto di materiale tecnologico. Difatti il periodo pandemico ci ha mostrato come uno dei maggiori problemi sia dover assicurare la tutela della privacy dei dipendenti e, al contempo, la tutela dei dati aziendali. Per far ciò è necessario che l’azienda sia dotata di software ed hardware all’avanguardia, che la stessa eviti di ripiegare sull’utilizzo dei devices personali del dipendente che potrebbero non essere in grado di tutelare adeguatamente i dati. E ciò posto, ritengo positivo che il legislatore abbia preso in considerazione la necessità di supportare ed incentivare la rivoluzione tecnologica, necessaria soprattutto nelle piccole e medie imprese. In riferimento ai suggerimenti, inviterei il legislatore a rivalutare la decisione di ipotizzare una fattispecie di reato in caso di violazione del diritto di disconnessione. Perché parlare di reato si presterebbe ad un abnorme abuso del diritto laddove anche una semplice telefonata del datore di lavoro potrebbe integrare la nuova fattispecie di reato.

Come è possibile gestire lo smart working a livello individuale nelle imprese medio – grandi?
Le modalità di gestione del passaggio allo smart working possono essere svariate e più o meno organizzate. Durante il periodo pandemico abbiamo assistito ad un improvviso ricorso al lavoro agile, il quale proprio per la repentinità con la quale è avvenuto non ha proprio rispettato i canoni dello smart working, potendo quasi essere paragonato al suo antenato telelavoro. Numerosi lavoratori si sono ritrovati semplicemente a svolgere la prestazione lavorativa da casa invece che dall’ufficio, rispettando però orari e modalità operative vigenti anche prima. Invece, laddove si voglia parlare di un ricorso al lavoro agile che esalti i principi di flessibilità e lavoro per obiettivi, c’è bisogno di una importante organizzazione alle spalle. Il primo passo è effettuare una disamina completa del mansionario aziendale per individuare quali attività possono essere remotizzabili e quali no. In parallelo, è necessario valutare se è possibile stabilire per ogni ruolo gli obiettivi da raggiungere. Solo a seguito di questa analisi tecnico-organizzativa sarà possibile per l’impresa stilare un regolamento di smart working che possa conciliare le necessità riscontrate dal datore di lavoro con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio vita lavoro per i dipendenti. Senza dubbio, parlando di imprese con elevati numeri di dipendenti redigere un regolamento o un contratto collettivo dove si stabiliscono i principi cardini a cui far riferimento è essenziale al fine di evitare di ritrovarsi a dover negoziare ogni singolo accordo individuale. Anche una organizzazione ottimale dello smart working che ne esalti la natura flessibile è strumento essenziale per il raggiungimento dell’equilibrio tra vita lavorativa e vita professionale. E quest’ultima accompagnata da un piano di welfare aziendale efficiente e da prassi aziendali innovative e originali può realmente dar vita al tanto desiderato work-life balance.

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