Il nuovo abuso del diritto cambia la consulenza

Chi si occupa di assistenza in ambito fiscale ha dovuto fare i conti con uno scenario che è profondamente mutato negli ultimi anni

In tutto il mondo il tema dell’elusione è divenuto sempre più centrale nelle agende politiche, e non più solo economiche, dei singoli governi. Il fenomeno sottrae ogni anno alle casse degli stati oltre 200 miliardi di euro su scala globale. In un’epoca segnata dalla peggiore recessione del dopoguerra, a partire dal 2010 i leader dei paesi più sviluppati hanno pertanto deciso di agire in maniera massiccia, mossi da un’unità di intenti con pochi precedenti. Per sconfiggere la piaga dell’offshore e dei patrimoni nascosti all’estero, sono state messe una serie di misure mai realizzate in passato e per certi versi impensabili fino a pochi anni prima: lotta ai paradisi fiscali, fine del segreto bancario, scambio automatico di informazioni finanziarie, revisione dei principi cardine della fiscalità internazionale per le multinazionali attraverso il maxi-piano Beps (“Base erosion and profit shifting”) commissionato dal G-20 all’Ocse e finalizzato nell’ottobre 2015.

A fronte di tali sviluppi, i margini per il tax planning aggressivo si sono sempre più ridotti, o meglio hanno cambiato pelle, spostandosi dall’evasione vera e propria alle più sofisticate pratiche elusive, volte a sfruttare le zone d’ombra e i disallineamenti tuttora esistenti tra i vari piani legislativi domestici, le Convenzioni bilaterali e le direttive Ue. Non si parla più, cioè, di pratiche volte a evadere nel senso letterale del termine, cioè realizzando operazioni che mirano a nascondere i ricavi e/o i redditi imponibili tramite la violazione di specifiche norme tributarie, ma di meccanismi che si avvalgono di strumenti giuridici validamente esistenti e perfettamente leciti, con lo scopo di realizzare un risparmio d’imposta in apparenza legittimo, ma nella sostanza illegittimo.

La situazione italiana
Per quanto riguarda l’Italia, se è vero che l’ordinamento prevedeva già dal 1990 e poi con l’articolo 37-bis del dpr n. 600/1973 specifiche norme antielusive, i problemi applicativi nell’azionare tali strumenti di repressione delle pratiche di aggiramento fiscale non sono mai mancati. La vera svolta è arrivata per via giurisprudenziale esattamente un decennio fa: forte della pronuncia della Corte di giustizia Ue con la famosa sentenza “Halifax” del 2006 (caso C-255/02), la Cassazione è arrivata ad affermare che nell’ordinamento italiano il divieto di abuso di diritto in ambito fiscale è un principio generale, di portata ben più ampia rispetto alle fattispecie puntuali elencate dal vecchio articolo 37-bis. Le sentenze delle Sezioni unite della suprema corte nn. 30055, 30056 e 30057 del 2008 hanno aperto un filone interpretativo che si sarebbe protratto per molti anni, con orientamenti discordanti a livello di prassi, giurisprudenza di merito e dottrina. La questione è stata quindi affrontata una volta per tutte dal legislatore solo sette anni dopo, nell’ambito dell’attuazione per la delega della riforma fiscale (legge n. 23/2014). Il D.Lgs. n. 128/2015 ha introdotto il nuovo articolo 10-bis nella legge n. 212/2000, meglio nota come Statuto del contribuente, fissando una serie di garanzie e di tutele di natura sostanziale e procedimentale per le imprese.

Alla luce della modificata disposizione, oggi viene considerato un abuso di diritto (o elusione, dato che i termini sono ormai divenuti a tutti gli effetti sinonimi) quel disegno che, con la realizzazione di una o più operazioni prive di sostanza economica, pur nel rispetto formale delle norme fiscali consente di ottenere vantaggi fiscali indebiti. Sebbene per certi versi simili alla disciplina del passato, l’articolo 10-bis assume portata generale. Il suo azionamento può avvenire solo in via residuale, ossia se l’Amministrazione Finanziaria non ha altri strumenti più specifici per contestare una determinata condotta fiscale, ma la sua valenza soggettiva e oggettiva è totale, a prescindere dalla natura del contribuente e dai tributi interessati (diretti e indiretti).

Quando il business non è abuso
La revisionata normativa in materia di abuso di diritto è entrata in vigore il 1° gennaio 2016. Fin dal primo momento professionisti e operatori economici hanno cercato di capire, per quanto possibile, dove terminasse la possibilità di ottenere lecitamente un risparmio d’imposta e dove iniziasse invece la condotta vietata dalla clausola antiabusiva. Il legislatore ha tentato già in sede di prima applicazione di ridurre al minimo i margini interpretativi. L’articolo 10-bis precisa infatti che non possono mai essere considerate abusive le operazioni giustificate «da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente».

La disposizione garantisce inoltre la libertà del contribuente d scegliere tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. In presenza di più soluzioni tecniche per ottenere un certo risultato, insomma, l’azienda non è obbligata a perseguire quella più onerosa dal punto di vista delle tasse per poter “stare tranquilla”. Nonostante le incertezze operative lasciate dalla norma, il riconoscimento per via legislativa di quest’ultimo punto, la libertà di scelta imprenditoriale, è stata salutata con estremo favore, dal momento che in passato sembrava quasi una chimera, venendo più volte disattesa sia dai verificatori sia dalla giurisprudenza di legittimità.

Ciò posto, le operazioni straordinarie si prestano a valutazioni caso per caso che non possono ex ante sfuggire, né cadere in automatico, nella rate dei precetti antielusivi. La delicatezza e il livello di complessità dei ragionamenti che portano al giudizio di abusività o meno delle riorganizzazioni societarie emergono chiaramente da una pluralità di risposte a istanze di interpello, che l’Agenzia delle Entrate in ottica di trasparenza e certezza del diritto ha iniziato a pubblicare sul proprio sito web a partire dallo scorso mese di settembre.

Come cambia la consulenza
Dalla minimizzazione del carico fiscale a un’efficiente riorganizzazione societaria, con un’allocazione dei redditi e dei flussi finanziari infragruppo che può anche portare a un risparmio impositivo, ma che deve “avere senso” sotto il profilo economico, gestionale e commerciale anche a prescindere da tale variabile. Oggi come oggi il professionista che mette a punto le operazioni straordinarie deve muoversi in un contesto in cui la sensibilità sul tema dell’elusione, a livello sia nazionale sia internazionale, è decisamente maggiore di un tempo. Partendo dal presupposto che una stessa meta può essere raggiunta percorrendo strade diverse (le quali normalmente comportano carichi fiscali differenti), è essenziale che le operazioni – si tratti di conferimenti, cessioni d’azienda o di rami d’azienda, acquisizioni, fusioni o scissioni – manifestino presupposti extrafiscali rilevanti. Questi possono essere di natura organizzativa, gestionale, di miglioramento strutturale o funzionale del business, ma anche legate alle esigenze di gestire il passaggio generazionale o di superare eventuali conflitti tra soci.

Laddove la soluzione prescelta comporti anche un risparmio di imposta, per non cadere nelle censure di elusività il beneficio non deve porsi in contrasto con la ratio delle norme tributarie o con i principi dell’ordinamento.

Il dialogo preventivo con il fisco premia Ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 5 della legge n. 212/2000 il contribuente può presentare interpello all’Agenzia delle entrate per conoscere se le operazioni che si intende porre in essere costituiscano un abuso del diritto. Tale forma di dialogo preventivo con la tax authority rimane lo strumento più efficace attraverso il quale le aziende possono mettersi al riparo da possibili contestazioni future. Per richiedere il parere dell’amministrazione finanziaria, il professionista che redige l’istanza di interpello deve includere alcuni elementi indispensabili, declinati nella circolare n. 9/E del 2016. Oltre alla descrizione delle operazioni, è necessario inserire il settore impositivo riguardo al quale si intende conoscere l’orientamento dell’Agenzia e le norme di riferimento. Il cuore dell’istanza è però rappresentato dall’illustrazione delle valide ragioni economiche di natura extra-fiscale sottostanti all’operazione, alla presenza delle quali dovrebbe venir meno ogni questione riguardo ai profili di elusività.

A cura di Valerio Stroppa

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