Imprese e lavoro con l’industria 4.0

Da un lato, una maggiore efficienza produttiva e rinnovata competitività internazionale, dall’altro l’aumento delle mansioni affidate ai robot.
E molta flessibilità. Di promesse e timori legati alla quarta rivoluzione industriale si è parlato in una tavola rotonda organizzata da Legal

L’analisi sulle prospettive dell’industria 4.0, la rivoluzione che sta entrando nelle aziende all’insegna delle macchine che possono comunicare tra loro, con il ruolo dell’uomo trasformato principalmente in controllore del loro funzionamento, dipende dalla prospettiva.
[auth href=”https://www.lefonti.legal/registrazione/” text=”Per leggere l’intero articolo devi essere un utente registrato.
Clicca qui per registrarti gratis adesso o esegui il login per continuare.”]Quando il focus è sulle applicazioni finali prevale l’ottimismo sul guadagno che si può ottenere in termini di efficienza della produzione, mentre se ci si sofferma sugli impatti lavorativi prevalgono le preoccupazioni per i posti di lavoro che verranno sostituiti dai robot. Con la necessità poi di trovare opportunità lavorative o di sostegno al reddito per chi resta disoccupato. Nella tavola rotonda organizzata da Legal sul tema «Industria 4.0: il futuro del lavoro, le nuove competenze e le relazioni industriali», moderata da Angela Maria Scullica, direttore delle testate economiche di Le Fonti, si sono confrontati professionisti di diversa estrazione per segnalare l’evoluzione in atto nelle aziende italiane e i cambiamenti attesi per gli anni a venire: Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl;  Gianluca Berghella, presidente e ceo di Armundia Group; Claudio Criscuolo, group general counsel di Cementir Holding; Francesco Ghergo, operations director di iGuzzini; Stefano Maio, country leader business analitycs di Oracle Italia; Stefano Neri, presidente di Terni Energia; Gianni Pelizzo, Industry 4.0 corporate director di Techedge Group; Barbara Quacquarelli, professore aggregato di Organizzazione aziendale e Gestione delle risorse umane all’Università di Milano-Bicocca e Mip Politecnico di Milano; Francesco Rotondi, founding partner di LabLaw; Gianfranco Vinucci, head of pre sales di Kaspersky Lab Italy.

Qual è lo stato di salute di industria 4.0 in Italia? Siamo ancora alla fase delle sperimentazioni o vi sono già iniziative di una certa consistenza?
quacquarelli Partiamo col dire che industria 4.0 in Italia non è ancora realtà, se non in casi sporadici (circa il 2% delle imprese europee), ma occorre prepararsi perché la sua diffusione è dietro l’angolo. Molte aziende si stanno interrogando su cosa fare e come farlo. Non si tratta di un interrogativo da poco perché i cambiamenti necessari per cavalcare questa rivoluzione avranno un impatto a tutti i livelli, da quello organizzativo al modo di relazionarsi con il cliente sul mercato, alla necessità di nuove competenze professionali. E proprio quest’ultimo potrebbe essere uno degli aspetti più critici, dato che nelle aziende non sono presenti molte delle professionalità che servono al nuovo paradigma. Per passare da una produzione di massa a prodotti e servizi customizzati, le aziende 4.0 dovranno diventare realtà meno verticistiche e più collaborative in cui le persone siano in grado di generare idee, risolvere problemi e prendere decisioni velocemente.
ghergo Industria 4.0 impatta su entrambi i filoni principali di business di iGuzzini, l’illuminazione da interni e quella da esterni. Come azienda vediamo con grande favore questa innovazione che incide profondamente sul modo di fare impresa, sia per quanto riguarda i processi, sia sui nostri prodotti. L’industry 4.0 richiede prevalentemente una diversa organizzazione di competenze, una decisionalità allargata, la capacità di lavorare in maniera collaborativa e liquida, un controllo e una connessione di tutta la catena del valore, dai fornitori attraverso il supply chain management (Scm), passando dalla fabbrica per arrivare ai clienti con un customer relationship management (Crm). È fondamentale quindi avere persone in grado di partecipare a questa nuova organizzazione, anche in maniera creativa, disposte ad apprendere continuamente. iGuzzini ha affrontato la questione a partire dalla organizzazione dei reparti produttivi con macchine intelligenti che raccolgono dati e sono in grado di interagire con le persone; tutti i processi sono interconnessi per poter avere una produzione che non è finalizzata a rifornire un magazzino, ma a una produzione «just in time». Questo significa organizzare un Scm, in cui tutti i fornitori sono integrati e collegati in tempo reale e un magazzino automatizzato, in grado di rispondere alle nuove esigenze. Per quanto riguarda i prodotti, industry 4.0 non può prescindere dalla connettività per cui ci stiamo orientando verso prodotti che possono offrire servizi  Iot (internet of things) e quindi in grado di connettersi a reti Iot e interagire con i «data» degli ambienti in cui si inseriscono. Per il settore retail per esempio stiamo sviluppando prodotti che possono rispondere al marketing di prossimità,  per gli esterni prodotti che si inseriscano in progetti di smart city.

Opportunità, ma anche rischi. Come vivono le aziende le sfide di questo cambio di paradigma?
vinucci Come azienda specializzata in cybersecurity, Kaspersky Lab vede le opportunità offerte da industria 4.0, ma anche le possibili criticità, dato che i livelli di sicurezza adottati da molte aziende italiane sono bassi. Un discorso che vale per le piccole, come per le grandi realtà. Non è tanto un problema di carenza di budget, ma in primo luogo culturale: occorre rendersi conto che in un mondo sempre più interconnesso occorre dotarsi dell’approccio e delle tecnologie adeguati per affrontare le nuove sfide. Abbiamo davanti a noi una rivoluzione che merita di essere cavalcata senza prestare il fianco al cybercrime.
criscuolo Il settore di business di Cementir è peculiare. Salvo alcuni passaggi, la produzione di cemento oggi segue i medesimi passaggi e criteri di qualche decennio fa. Quello che sta cambiando è il mondo intorno a noi, dai fornitori ai partner al settore delle costruzioni. Alla luce di queste particolarità, non abbiamo messo in campo piani specifici, ma seguiamo con attenzione l’evoluzione del settore in modo da essere pronti a cogliere le opportunità che sicuramente si presenteranno.

Detto degli impatti a livello organizzativo, quali sono le ricadute in ambito occupazionale?
bentivogli Il tema dell’occupazione è centrale, ma a mio avviso è sbagliato dar vita a guerre di religione che rischiano di offuscare i termini veri della questione. Cominciamo col dire che se l’Italia cresce meno degli altri Paesi europei non è per colpa della tecnologia, che al massimo saranno di là da venire, ma perché abbiamo puntato poco sulle tecnologie. La proposta di Bill Gates di tassare i rpobot non è praticabile e per altro il fondatore di Microsoft non è il più titolato a parlare di diritti dei lavoratori che vengono sostituiti dai computer. Se guardiamo i Paesi dove i robot sono già diffusi come Giappone e Corea del Sud, notiamo che la disoccupazione in quei Paesi ammonta al 3%, quindi non è questa l’origine dei problemi. Per altro, non dimentichiamo che industria 4.0 è un’opportunità per riportare in Italia la produzione di tante aziende che in passato hanno delocalizzato. Concludo dicendo che dobbiamo guardare al futuro con fiducia, pronti ad affrontare le sfide che si presenteranno.

Quali sono i temi cruciali della rivoluzione digitale?
maio Il consumo di dati è diventato parte dei nostri comportamenti quotidiani. Questa è quella che viene chiamata data consuption. D’altra parte, è pur vero che ogni due giorni generiamo tante informazioni quante quelle generate dall’inizio della storia umana fino al 2003. Siamo nell’era del dato, il dato anche come materia prima. Stiamo, al tempo stesso, abbracciando i cambiamenti che la tecnologia e le evoluzioni ci propongono e uomo e macchina si fanno sempre più vicini. Ma l’uomo non verrà mai completamente sostituito dalla macchina, bensì ci sarà sempre più bisogno di specializzazione per integrarsi in questi nuovi scenari. In questo contesto, industry 4.0 è il fenomeno che introduce una forte automazione dei processi nelle aziende e dove i dati diventano materia preziosa per tutti coloro che fanno business, ma per essere valorizzati hanno bisogno di infrastrutture e competenze professionali adeguate. La sfida va affrontata tenendo conto di tre aspetti: la necessità di infrastrutture tecnologiche, che il cloud computing, determinante acceleratore di innovazione destinato ad acquisire spazi sempre più importanti, può mitigare. Infatti il cloud offre la possibilità di accedere ad applicazioni tecnologiche inimmaginabili solo qualche anno fa, ma anche per la possibilità di convertire i costi fissi in variabili, legati alle necessità di utilizzo. Il secondo ambito è relativo alle capacità dei software analitici che devono essere adeguati (quella che noi chiamiamo adaptive intelligence). Il terzo ambito è relativo alle competenze (strettamente legate all’approccio culturale), la cui carenza rischia di creare problemi enormi. Le competenze devono essere di processo, architetturali/tecnologiche e di gestione del «colloquio col dato». La competenza introduce il fattore multidisciplinarietà, ovvero la capacità di includere, nella pianificazione di progetti di innovazione/automazione industriale, nuove figure come l’accademico, lo statistico o la piccola startup il cui prodotto viene integrato nel processo.
neri Finora si è parlato di industria 4.0 soprattutto in relazione al settore manifatturiero, ma in realtà vedremo le ricadute della digital transformation in quasi tutti i settori dell’economia. Per quanto riguarda il comparto energetico, sappiamo che vi saranno cambiamenti importanti, ma la transizione verso nuovi modelli di business rende oggi molto difficile prevedere quali saranno gli scenari vincenti. Si tratta di un fatto che non ha precedenti nella storia e questo sta paralizzando gli investimenti di molte aziende energetiche per il timore di sviluppare la ricerca in ambiti che poi non avranno un percorso di crescita importante. Di certo c’è che già oggi si assiste a una maggiore focalizzazione a valle della catena del valore, privilegiando la qualità della distribuzione verso l’utenza rispetto al modello tradizionale della generazione centralizzata. Dall’India alla Cina si assiste a iniziative destinate a migliorare la continuità dell’erogazione nelle aree dove la rete infrastrutturale presenta una serie di inefficienze. Sono convinto che l’integrazione del digitale nel settore energetico, favorirà l’automazione dei processi di distribuzione, vettoriamento e regolazione dei flussi energetici portando con sé una diffusione dei software e dei sensori anche downstream, fino all’abitazione dell’utente. L’ottimizzazione dei consumi finali, però, non porterà a un loro calo. Anzi, ci sarà sempre più fame di energia elettrica per applicazioni che oggi passano attraverso reti di natura differente. Basti pensare, per esempio, alla domanda crescente per la mobilità elettrica. Quanto alla produzione energetica, invece, quello a cui si assiste già da qualche anno è la sostituzione delle grandi centrali, man mano che arrivano a fine vita, con impianti più piccoli, ma più distribuiti sul territorio.

Provando a tirare le fila, l’attesa è per un impatto positivo o negativo sul mercato del lavoro?
rotondi Gli scenari relativi all’evoluzione tecnologica sono molto suggestivi e disegnano un futuro con nuove opportunità di produzione e distribuzione. Ricordiamoci che poi c’è l’uomo, inteso sia come utilizzatore finale dei prodotti dell’innovazione, sia sul fronte occupazionale. Se ci limitiamo a quest’ultimo ambito, la mia sensazione è che alla fine il bilancio tra nuova occupazione e posti che andranno persi sarà negativo. Ricordiamoci che non basta sostituire personale esistente, che magari non ha competenze adeguate, con giovani che le hanno: un processo di questo tipo è semplicemente a somma zero. Considerato che la diffusione su larga scala di industria 4.0 è di là da venire, abbiamo un tempo di latenza che non possiamo in alcun modo sprecare. È una finestra importante per la politica e il sistema educativo affinché si mettano in campo misure per minimizzare gli effetti negativi.
berghella Industria 4.0 non è una scelta ma un processo naturale. Tuttavia, perché questa evoluzione non resti uno slogan, sarà determinante il modo in cui verrà recepita dalle singole aziende e a livello di sistema Paese. Sul primo fronte ci può essere un problema culturale: noi offriamo innovazione attraverso i nostri servizi e talvolta incontriamo resistenze perché le aziende, pur comprendendo l’importanza di innovare, sono restie a cambiare modelli consolidati. A livello di sistema, invece, occorre ridefinire gli schemi delle relazioni industriali nel senso di un’interazione tra le parti sociali che agevoli la formazione di nuove competenze professionali e la disponibilità degli strumenti necessari.
pelizzo In quanto system integrator, le aziende chiamano Techedge quando sono intenzionate a implementare al loro interno soluzioni tecnologiche. In quanto realtà multinazionale, abbiamo un osservatorio ad ampio raggio. Questo ci consente di dire che l’Europa è il grande motore di industria 4.0. La Germania e la Svizzera sono in pole position e l’Italia segue da vicino. La Spagna, altro mercato in cui siamo molto presenti, ha maggior interesse verso il mondo dell’internet of things (smart citiesy) mentre sull’industry 4.0 sta recuperando terreno. Quanto agli Stati Uniti, si osserva l’evoluzione del mercato, nella consapevolezza che, al momento di investire, si potrà disporre di una potenza di fuoco. L’evoluzione tecnologica impatta anche su un’azienda It come la nostra. Negli ultimi anni la pressione del mercato ci ha spinti a sviluppare nuove competenze. Non più solo nei software, ma anche nell’automazione industriale, attraverso partnership specifiche, e nell’analisi di grossi volumi di dati, introducendo la figura del data scientist.
quacquarelli Per cogliere le potenzialità di industria 4.0 non è indispensabile creare la figura del chief digital officer, ma è più opportuno diffondere la digitalizzazione a tutti i ruoli dell’azienda.

Quando un’azienda si rivolge a un consulente legale su questi temi lo fa principalmente perché vede opportunità o teme i rischi?
rotondi Le aziende che si rivolgono ai consulenti legali sui temi di industria 4.0 lo fanno in alcuni casi perché interessate a coglierne le opportunità, altre per i timori su cosa potrà derivarne. A mio avviso il modo migliore di approcciare questa rivoluzione è cercare di capire la direzione e approntare per tempo le scelte più opportune, nella consapevolezza che il legislatore continuerà a faticare nel tenere il passo dei cambiamenti di mercato.

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